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Un caposaldo della musica progressive, si pone ai più alti livelli della produzione del gruppo e si distingue nel panorama del tempo per l’amalgama di moduli rock, classici e jazz, i pregevoli impasti armonici e la poliedricità strumentale dei sei musicisti che fanno delle dissonanze vocali e strumentali il loro tratto originale e distintivo, tessendo con magica estrosità un tappeto sonoro di archi, ottoni, legni, tastiere elettroniche, percussioni e voci. Non è un caso che Ian Anderson, leader dei Jethro Tull per i quali i Gentle Giant prima del successo agivano come formazione di spalla, ne intuì la statura musicale e si dice che abbia imposto loro di non suonare più di mezz'ora, per non offuscare il gruppo principale.
In mezzo ai giganti del prog e dell'Art Rock degli anni '70 i Gentle Giant sono stati un poco sacrificati..... Peccato, perché la loro musica è genio allo stato puro. Competenza, inventiva, innovazione, cultura letteraria e musicale, coraggio, voglia di osare e persino facilità d' ascolto: ecco cosa distingue questa band non tanto da quelle del periodo (di creatività ce n'era tanta), ma da tutto quello che la musica del secolo scorso - e non solo - ha prodotto. Insomma, un album bellissimo, che non si finirebbe mai di ascoltare.
Insieme a "Octopus" è secondo me il miglior disco dei Gentle Giant.Da "Pantagruel's nativity" a "The house, the street, the room",da "Wreck" a "Edge of twilight" è tutto un succedersi di colpi di genio,creatività al massimo livello.....quando i produttori musicali osavano investire nei talenti Creativi.
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