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La ‘stagione delle fiamme’ e la ‘stagione delle stragi’ si succedono al confine orientale nel racconto di un grande storico.
«Una ricostruzione in cui i fatti hanno la meglio sulle inclinazioni ideologiche, sui fattori etnici e sulle esasperazioni nazionalistiche. Non c’è bandiera sventolata nella sua narrazione. Verrebbe da dire che l’autore riesce a disvelare la banalità del male che genera il male.» - Pier Luigi Vercesi, Corriere della Sera
«Grazie alle accuratissime ricerche di Raoul Pupo, possiamo finalmente capire meglio le tragedie dell’Adriatico.» - Vanja Luksic, Internazionale
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L'amarezza non risiede solo nel titolo dell'opera, ma anche nel fatto che l'Autore, raccontando le violenze caratterizzanti i territori adriatici a partire solo dal 1882, ignora le responsabilità di Francesco Giuseppe che, nel Consiglio della Corona del 12/11/1866, ordinava di agire contro gli italiani del Trentino, Venezia Giulia, Istria e Dalmazia per la germanizzazione e la slavizzazione di detti territori [...] con energia e senza riguardo. Finché in vita, la Repubblica di Venezia aveva saputo conciliare le esigenze del popolo slavo e italiano sui suoi territori. Ceduta la Serenissima all'Austria, questo prezioso equilibrio è venuto meno, anche perché nell'impero asburgico si affermava l'ideologia dell'austroslavismo che si prefiggeva di raggiungere le finalità del nazionalismo slavo dentro lo stato imperiale. Le violenze contro gli italiani, avviate all'inizio dell'800 da Radetzky e Gyulai, governatori del Lombardo veneto e di Trieste, obbedivano a questo progetto politico e s'intensificarono con le disposizioni del Consiglio della Corona: chiusura delle scuole italiane, croatizzazione dell'amministrazione statale, slavizzazione della toponomastica e sopraffazione degli italiani, svelando che non fu il fascismo a partorire queste misure per primo. Il volume del prof. Pupo, però, dimentica queste implicazioni e la genesi vera della «lunga storia di violenza» tra italiani e slavi. L'Autore trascura aspetti fondamentali della verità storica e fa ricadere sul fascismo l'origine dello scontro tra le due etnie, mentre il fascismo aveva soffiato sul fuoco acceso dagli austriaci. Sebbene al fascismo non siano certo mancate grandi responsabilità nel conflitto, non gli si può attribuire la colpa di aver iniziato la guerra con gli slavi giacché, come si sa, nel 1866 esso non esisteva. Dall'ambiguità di questa premessa deriva la poco obiettiva lettura degli avvenimenti, analizzati anche questa volta secondo la vulgata corrente cui l'Autore sembra essersi richiamato.
Un testo che dovrebbe essere divulgato nelle scuole. Una pagina di storia drammatica dell'Istria, dalla dissoluzione dell'impero Asburgico all'occupazione jugoslava. Le feroci occupazioni nazi-fasciste e partigiani, comunisti italiani e slavi. Un dramma non sufficientemente studiato delle popolazioni giuliane-dalmate.
Il testo è davvero ottimo. In poco più di 250 pagine viene offerto uno sguardo completo delle vicende della Venezia Giulia tra il sorgere dell'irredentismo e la fine del TLT. Lo sguardo approfondisce i vari fenomeni (soprattutto violenti, purtroppo) di natura etnica, politica, bellica e anche confessionale che la interessano le terre giuliane durante quei travagliati decenni, e lo fa in maniera corretta, senza partigianeria di alcun tipo. Inoltre, il libro è scritto molto bene, è scorrevole e non annoia affatto.
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