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Un ritratto della Berlino degli anni Ottanta ai tempi della divisione e della caduta del muro ed una una storia d'amore infelice e tormentata che il lettore apprende da una lunga lettera d’addio immaginaria che la protagonista, Soja, scrive all’amato dopo la sua morte. La scoperta del diario di lui di quegli anni, in cui lei non è mai nominata e sembra non esistere nella vita e nei pensieri dell'uomo, la distanza e la freddezza dello stesso all'inizio del racconto, sono fonte di dubbi e incomprensioni che gradualmente si trasformano nella consapevolezza di un amore vero quando Soja comincia a scoprire Harry, tossicodipendente, sieropositivo nonché ex detenuto e capisce che in realtà lui l’ha protetta e salvata. Un romanzo realistico su valori come amore, accettazione, sostegno, protezione e comprensione reciproca anche nelle condizioni più disperate. “Ci sono tre modi per diventare saggi. Riflettendo, che è il modo più nobile. Imitando, che è il più semplice. Facendo esperienza, che è il più amaro”. Da leggere
Recensioni
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Confesso di essere irritata dai numerosi errori dei risvolti di copertina, che vanno dalle imprecisioni nella trama del romanzo e nella biografia dell'autrice, figlia ribelle di un'importante funzionaria di partito della Rdt, non fuggita ma emigrata ufficialmente a Berlino Ovest, a un errore di grammatica come "gli" al posto di "le". Soja, quasi quarantenne e dichiaratamente poco avvenente (ben diversa dalla bella ragazza della copertina), per alcuni aspetti alter ego dell'autrice, si è trasferita da Berlino Est a Berlino Ovest, vive del sussidio di disoccupazione e di lavoretti saltuari in nero, incontra un attraente tossico sieropositivo appena uscito di galera, cerca di aiutarlo a disintossicarsi, fallisce e anni dopo riceve dall'hospice dov'era morto i suoi effetti personali, fra cui un quaderno di appunti. Li trascrive, inframmezzati al racconto degli anni passati insieme e ad alcuni flashbackdi Berlino Est (interessante il confronto/scontro con la polizia nelle due metà della città, in fondo ugualmente brutale), ma non si sa capacitare che il suo nome non vi compaia mai, come se non fosse esistita, nonostante la vita con Harry sia stata per lei una "felicità incantevolmente dimessa". Il curioso titolo, nell'originale "Pecorelle cattive", si riferisce alle rimostranze di Harry al suo sponsor nel percorso di disintossicazione, che ha appena rivelato al gruppo di sostegno la sua sieropositività: "Joe, brutta spia (…) riusciresti a far diventare cattivo anche un agnello" e allude all'intrinseca innocenza dei protagonisti nonostante l'emarginazione e la trasgressione. Katja Lange-Müller è stata insignita dei premi Bachmann e Döblin per i suoi racconti; questo è il suo primo romanzo, finalista al Deutscher Buchpreis del 2007, che non manca di freschezza nel descrivere una relazione sbilanciata ma tenerissima fra due esseri umani diversamente emarginati, in cui la donna ama, accudisce e sostiene, mentre l'uomo si ritrae in tutti i sensi, a partire da quello erotico.
Marina Ghedini
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