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Con la naturale autorità degli antichi cantori epici, Alce Nero, vecchio stregone Sioux, ci conduce in questo libro attraverso le vicende della sua vita, nel periodo più tragico della storia del suo popolo: gli ultimi decenni dell’Ottocento, in cui i bianchi, i Wasichu, attirati dal «metallo giallo», distrussero in un lungo, feroce conflitto, ogni possibilità di sopravvivenza, come nazione, dei pellirosse, invano sospinti, alla fine delle loro speranze, da un’estrema fiammata messianica.
Nell’estate del 1931, per giorni e giorni, seduto all’aperto tra una capanna di tronchi e una tenda sacra, alla presenza di alcuni vecchi compagni, Alce Nero raccontò i suoi ricordi a John Neihardt, appassionato rievocatore della storia del West.
A nove anni, Alce Nero aveva avuto il segno della sua vocazione: improvvisamente gli si era rivelata la sua «visione di potere», un immenso teatro di immagini simboliche, che gli indicava la sua missione di guida per la rinascita dei Sioux. Da allora ogni fatto della vita di Alce Nero sarà vissuto in riferimento a quelle immagini, perché, secondo le credenze Sioux, la visione diviene operante solo se chi la ha avuta riesce a renderla visibile agli altri in cerimonie e fatti. Alce Nero tenta continuamente di «mettere in scena» la sua visione, ma ogni volta manca qualche cosa perché essa divenga realtà, e il destino precipita – e appunto in questo è la tragica intensità delle memorie del vecchio stregone.
Con estrema semplicità e insieme con solenne tono cerimoniale, Alce Nero ripercorre le fasi della sua vita: la rivelazione religiosa della sua infanzia, le prime lotte con i bianchi, esseri incomprensibili e rapaci, fino alle rovinose ultime battaglie, descritte con potente respiro drammatico. Infine, come beffa finale, il viaggio in Europa, dove Alce Nero, diventato ormai una curiosità esotica per i bianchi, partecipa a uno spettacolo di circo con Buffalo Bill, e viene presentato alla regina Vittoria. Il mondo occidentale ci appare in pagine memorabili, come una enorme, continua allucinazione, una terra irreale e misteriosa, un incanto maligno da cui fuggire.
Il racconto di Alce Nero ci obbliga a un rovesciamento di prospettive: i «cattivi pellirosse» della rudimentale epopea americana del West si rivelano portatori di una civiltà ricca e complessa, consapevoli della propria agonia, sprezzanti dei beni insidiosi che l’Occidente pretende di imporre loro. E soprattutto, nell’insieme del racconto, si staglia una fisionomia di irriducibile nobiltà: il narratore stesso, il vecchio stregone Alce Nero, lucido e desolato, eppure inflessibile nelle sue certezze.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
A Luca: quanto affermi è ricavato dalla posizione revisionistica di uno studioso che è egli stesso un gesuita, e che fra gli "specialisti" statunitensi rappresenta solo una delle molte posizioni interpretative dell'esperienza di Alce Nero. Secondo me occorre molta più cautela e soprattutto bisogna guardarsi da demonizzazioni o da santificazioni (sempre ideologiche entrambe). L'affaire "Alce Nero" è assai più complesso e certo non esprimibile nei termini riduttivi e "in bianco e nero" che ne da Steltenkamp. Spiace soprattutto che anche alcuni antropologi italiani siano "saliti sul treno" di questo revisionismo discutibile e in alcuni tratti inutilmente distruttivo.
"Alce Nero Parla" è un libro che Vi farà riavvicinare ad una spiritualità "perduta" vicina all'essenza dell'uomo, senza l'imposizione di dogmi. Una storia di un popolo legato agli elementi della natura ed ad una tradizione spirituale che può appena lenire la sua distruzione. La forza di Alce Nero parla è quella di aprire il cuore ad una speranza mistica e benefica, soprattutto ad un lettore che non conosce ancora la cultura e la storia della nazione dei pellerossa e dei Sioux Lakota Oglala.
Purtroppo ho scoperto che questo libro non è altro che una disdicevole mistificazione operata da Neihardt, solo parzialmente basata sui racconti di Alce Nero - in particolare, il sogno/visione che costituisce il fondamento del libro. Più volte Alce Nero ha sconfessato Neihardt pubblicamente (che neppure gli corrispose quanto promesso per l'intervista!). Da oltre trent'anni, ormai, Alce Nero era un fervente cattolico, catechista presso la sua gente. "Forse ero un buon indiano" disse "ma grazie al Cristianesimo ora sono migliore"! Chiunque vorrà compiere anche solo una breve ricerca in Internet, troverà abbondanza di dettagli. Molti illustri studiosi si sono lasciati ingannare: a volte è troppo, davvero troppo facile prestar fede a quello che si vuole udire.
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