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Da tempo si sente la necessità di riprendere le ricerche sulla basilica di Sant'Ambrogio a Milano e affrontare molte questioni tuttora irrisolte per questo centro ideale del romanico lombardo. Il tempio rappresentava il polo sacro più importante nella vita cittadina, legato alla sepoltura del suo arcivescovo e alla "religione civica" del comune medievale. Il volume di Laura Riva affronta un elemento importante nella struttura complessa del monumento, l'apparato figurativo del vestibolo, che coinvolge insieme problemi di architettura, scultura, pittura e liturgia. Nell'età romanica gli atri porticati collocati di fronte alle chiese erano un fenomeno frequente, derivato da modelli e consuetudini dell'età paleocristiana. In gran parte, però, queste strutture medievali vennero demolite nell'età moderna, e il caso ambrosiano rappresenta certamente il più noto giunto fino a noi in Italia settentrionale. La manica dell'atrio aderente alla basilica si distingue per il forte impatto monumentale e per lo sviluppo della decorazione scultorea, estesa ai capitelli, alle modanature, alle articolazioni dei pilastri. Un coerente programma iconografico si dispiegava agli occhi del fedele medievale, identificato come immagine della Gerusalemme celeste, in base ai testi biblici, al Physiologus e alle opere stesse di sant'Ambrogio. Emergono così i legami forti con la società milanese del XII secolo, con i valori religiosi collettivi e con le nascenti istituzioni comunali. In una dimensione simbolica, legata alla vita liturgica, il vestibolo rappresentava la soglia di passaggio, il luogo di mediazione tra sacro e profano, tra la città e il suo tempio più venerato.
Carlo Tosco
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