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Anno edizione: 2021
Anno edizione: 1997
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Tra le raccolte di poesie di Auden un posto molto particolare spetta senza dubbio a Un altro tempo: e per più ragioni, a cominciare dalla sua collocazione cronologica, che ne fa in un certo senso un libro di storia. Il periodo della composizione abbraccia la vigilia e gli inizi della seconda guerra mondiale, e comprende i giorni di una svolta drammatica nella vita del poeta: la decisione di lasciare l’Inghilterra e di stabilirsi negli Stati Uniti. Abituato a vivere intensamente e da vicino gli eventi pubblici, dalla guerra di Spagna alla crisi europea, Auden interpreta da poeta non solo l’invasione tedesca della Polonia, ma anche la scomparsa di figure come Yeats e Freud. Intanto entra in un «altro tempo» con un esilio che lo accomuna a schiere innumerevoli di profughi e lo avvia alla cittadinanza americana, senza mai attenuare i ricordi dell’Inghilterra e dell’Europa. Un altro tempo è tipicamente audeniano anche perché alterna liriche metafisiche ad altre cosiddette light, che sono tra le sue più famose o addirittura popolari; e perché l’omaggio ai grandi del passato (Melville, Rimbaud, Voltaire) non esclude un’attenzione commossa o sarcastica per piccole creature del presente. Mai pubblicato in Italia nella sua integrità, Un altro tempo è infine una testimonianza delle esperienze americane di Auden già dalla poesia d’apertura, con la dedica a Chester Kallman – dedica che è quasi l’annuncio pubblico di un sodalizio destinato a durare una vita.
Le tantissime umiltà di un poeta, i suoi debiti umani, un corteo di autori eccelsi ricordati sui fogli come in una lunga singola elegia, un Grazie per esserci stati e ispirare ancora le stagioni di un pensare, uno scrivere, pur dentro "gli ostili regni del vero" a uccidere col loro lurido fiato i nobili assalti al palazzo della speranza, quel regno che è e rimarrà la prima mira nell'occhio di un poeta. L'intarsio dei versi è di una ricchezza stilistica degna di pochi paragoni, Auden chiama le parole a convivere una accanto all'altra come un domatore si muove a gabbie aperte e conscio del pericolo, ma ugualmente fiducioso dell'esito, che in effetti è puro lucidissimo incanto nel cuore di ogni rigo. Qualcosa come un saggismo sciolto in superlativa maestria lirica. Dalla poesia "Melville": "Il Male non è spettacolare ed è sempre umano, / e divide il nostro letto e mangia alla nostra mensa,/ e noi siamo presentati alla Bontà ogni giorno/ anche nei salotti in mezzo a una fola di colpe...". Mai schivare in poesia, mai arretrare, occorre che ogni nota si riversi sull'anima nella pienezza del suo suono, quale che sia il suo mandato, il suo inganno, la sua identità. Il talento poetico è addossarsi nella parola i contrasti fra sentire e comprendere, subire e accettare le sorti del proprio tempo, di vite lontane, e stendere su quegli squarci e su ogni carenza il docile panno di armoniose compassioni. Il poeta è il respinto che non respinge nessuno, perché "per noi come per gli altri esiliati, /come per gli incontabili fiori che non sanno contare,/ è oggi che viviamo...". Libro immortale, gettato come un germoglio fra noi, perduta gente, da un introverso che fece del suo canto un sole senza slabbrature. Silloge di grandezza indiscussa, dove solo e soltanto amore echeggia da ogni cruna di sillaba, l'amore che ferma gli orologi (Funeral blues), l'amore come un guardaroba imprevisto grazie al quale indossiamo divise di gioia, l'amore che spegne e che divora, ma non può morire..
La vita cattiva di Auden non mi piace; poetare in maniera sensazionale sul dolore non mi piace; il tragico Auden non mi piace. Pensate però che amo Ungaretti e Quasimodo. Bye.
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