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Anno edizione: 2009
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Corredato della prefazione di Luigi Amaducci (uno dei più grandi studiosi dell’invecchiamento, scomparso purtroppo nel 1998 e della postfazione di Orazio Zanetti (che – di lì a qualche anno – sarebbe diventato uno dei miei principali punti di riferimento per lo studio e la gestione di quella terribile malattia), La nebbia dell’anima campeggia ancora oggi nella ormai vasta sezione della mia biblioteca riservata all’Alzheimer. Nel 1994 mi stupiva, di questo libro, l’apparente semplicità, ma proprio questa è il suo punto di forza: la stessa semplicità con la quale occorre prendere per manoil paziente (mi piace chiamarlo ancora così, nell’accezionelatina del termine) e la sua spesso angosciata famiglia(quella dei cosiddetti caregiver) nella quotidiana esperienza di chi convive con questi pazienti in una interminabile giornata di 36 ore (secondo l’ormai classica definizione coniata nel lontano 1981 da Nancy L. Mace e Peter V. Rabins). Assai significativa mi sembra dunque la variazione del titolo: Il sole dietro la nebbia indica da subito come per la malattia di Alzheimer (e per tutte le altre forme di demenza) esistano attualmente delle strategie terapeutiche (farmacologiche,certo, ma anche e soprattutto non farmacologiche) che spogliano la malattia di quei caratteri d’ineluttabilità e di sfiducia che l’accompagnavano fino a non molti anni fa. Renato Bottura appartiene a quella scuola lombarda che, assieme a quella emiliano-romagnola, risulta essere all’avanguardia nella gestione globale, direi quasi “olistica” del paziente demente, perché non si deve mai dimenticare che il vero “centro” di questa complessa gestione è sempre e soltanto un uomo che soffre. “Un disastro d’uomo. Ecco cos’è. Ma, ci piaccia o meno, pur sempre un uomo. Disperatamente e irrimediabilmente.”
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