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Massimo Sisti è un dentista di Latina con una bella villa, una famiglia, composta da due figlie e una moglie, e una vita tranquilla. Una sera scendendo nella cantina di casa si accorge che ad attenderlo c’è qualche cosa di assolutamente inatteso. Ancora Elio Germano e ancora, e come spesso gli capita, a farla da padrone nel ruolo di protagonista, per la seconda volta in un film dei fratelli D’innocenzo che dopo “Favolacce”, presentato a festival di Berlino 2020, lo schierano ancora nel ruolo di un padre di famiglia, sposato con una donna più giovane e con una professione redditizia. Ma se nella precedente pellicola è il legame padri e figli che genera rapporti carichi di rabbia, il tutto protetto da residenze isolate e faraoniche. In tal caso ancora le residenze e nello specifico gli angoli di una villa isolata e gigantesca nell’agro pontino, perfetto non luogo, pianeggiante e palustre, che rappresentano lo scenario principale di una pellicola che analizza la vita di un uomo come tanti: gentile e professionale sul lavoro, con un amico storico, Simone, con il quale consuma birre e chiacchiera del più e del meno. Al tempo stesso Massimo è anche una persona complicata. Complicata dall’assunzione di medicinali inghiottiti assieme a litri di scotch e un uomo pieno di paure, con un legame con Roberto, il padre, impersonato in una scena di rara maestria da Massimo Wertmüller, con il quale ha un rapporto conflittuale fatto di litigi e recriminazioni. I fratelli d’Innocenzo continuano quindi a dar libero sfogo alle proprie narrazioni ai limiti del cinema noir, confezionando un film che permette a Germano di dare il meglio di sé ma trasformando al tempo stesso la pellicola in un thriller psicologico degno del Brad Anderson de “L’uomo senza sonno”, o l’Alfred Hitchcock di “Psycho”. Storia quindi fine a se stessa che può catturare l’attenzione solo di chi ama certe atmosfere ma il tutto senza particolari risvolti psicologici.
I fratelli D'Innocenzo ci fanno piano piano sprofondare nell'abisso della mente di Massimo Sisti, ordinario dentista della provincia di Latina. Il crescendo di incertezza e di "allucinazioni" sensoriali costringe a mantenere alta l'attenzione e a interrogarsi circa la veridicità degli eventi: succedono davvero? Chi ne è responsabile? Qualcuno sta mentendo? È un thriller inquietante e ben costruito, molto lontano dal solito cinema italiano e inserito nel solco dei precedenti film dei due fratelli. La periferia alienante, i colori immersivi -tra cui spicca il rosso che ricorda Dario Argento, ma anche "Sussurri e grida" di Bergman-, la decostruzione degli spazi, i riferimenti al gotico, nonché l'ottima interpretazione di Elio Germano contribuiscono alla costruzione di senso e di tensione.
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