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Un gran libro questo di Stefano Tassinari. Già dl titolo ho intuito che si trattava di un testo interessante e leggendolo me ne sono convinto sempre più. Scritto con un registro abbastanza semplice ma non troppo (è sempre utile arricchire il lessico per non scadere) viaggia attraverso un'epoca che vale la pena di essere studiata, evitando, come questo libro ci insegna, i soliti luoghi comuni. Non va certo dimenticato un movimento come quello che coinvolse centaia di migliaia di giovani dal 68 al 78, perchè, come accade al protagonista, gli scheletri dall'armadio escono fuori sempre, per fortuna. Come scritto nei commenti sulla copertina è uno spunto unico e irrinunciabile per discussioni lunghissime e interessanti. Un grande Tassinari abilissimo con le metafore e a descrivere i pensieri. Lo consiglio di sicuro.
Ha deluso le mie aspettative. Scontata e prevedibile l'identità di Sonia...
Un grande libro, scritto molto bene e pensato ancora meglio.Gli anni ’60-70, comunque la si pensi, rappresentano un periodo di vitalità politica straordinaria che oggi viene ricordato solo per i tremendi “anni di piombo” e per il “terrorismo rosso”. Il resto è tutto rimosso, come se nulla fosse accaduto. Rimossi gli eventi, rimasti insoluti molti dei misteri di quegli anni e cancellata , ovviamente, la grande stagione di partecipazione giovanile e operaia che segnò quella fase. Il magnifico romanzo di Stefano si sviluppa proprio nella direzione opposta, riportandoci di peso nel clima politico di quegli anni. Il “tramite” è la mente di un ex brigatista, miracolosamente scampato alla galera, e di seguito riuscito a rifarsi una vita. Attualmente fa l’Architetto, è rispettato e vive quella che si potrebbe definire una esistenza agiata, ma all’improvviso una lettera lo riporta indietro. Fantasmi e paure si mischiano indissolubilmente con le scelte e le ragioni del passato. Il libro è tutto giocato sulla dicotomia affinità/ divergenze fra protagonista ( un duro che ha finito per scegliere la lotta armata …) e autore che invece ha vissuto intensamente la lotta politica dei ’70 rifiutando categoricamente l’uso della violenza. La rivendicazione che ne esce è accorata e bellissima:i tempi sarebbero ampiamente maturi per avviare una discussione seria sui tragici eventi di quegli anni. Sarebbe poi tempo, soprattutto a Sinistra, di iniziare a riflettere sul significato politico di quella storia che ha dovuto sì fare i conti con la violenza della “lotta armata” ma anche, non dimentichiamolo, con la pagina vergognosa dello stragismo di stato. Fino a quando questa discussione non avrà luogo, ogni tentativo di chiudere i conti con quella drammatica pagina di storia recente sarà destinato a fallire e nessuna ferita potrà davvero considerarsi rimarginata.
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