"Ero già ripiombato in quest'acquario che chiamiamo casa, dove a furia di vederci riflessi ci siamo convinti di essere l'unica specie al mondo, con leggi particolari e deroghe". In queste parole di uno dei suoi personaggi principali è il nucleo, il segreto formale prima ancora che tematico di
L'amore normale, il secondo romanzo (dopo
Violazione, Einaudi 2012, vincitore del premio Paolo Volponi opera prima) di Alessandra Sarchi. La metafora dell'acquario, infatti, rende l'idea di una dinamica narrativa in cui i movimenti materiali e mentali dei personaggi avvengono entro uno spazio circoscritto, scrutato attentamente da uno sguardo capace di registrare il minimo turbamento nelle rispettive traiettorie esistenziali, e in grado di coglierne gli incroci anche meno evidenti, cambiando di continuo prospettiva. Come un osservatore, appunto, che si muove intorno a un acquario per misurare la porzione di realtà racchiusa al di là del vetro. L'attitudine è quasi sperimentale, tanto è vero che il narratore eclissa il proprio punto di vista lasciandolo di qua dal diaframma, per calarsi e in parte nascondersi all'interno della prospettiva variabile dei diversi personaggi. In accordo con l'
habitus speculativo è anche la rarefazione del contesto: gli eventi esterni, i marcatori storico-sociali, la geografia, sono tutti elementi che restano vaghi. In controtendenza rispetto alle linee prevalenti nel romanzo italiano contemporaneo, Sarchi rimuove infatti dalla narrazione ogni tratto auto fittivo o
non fiction, per concentrarsi sull'esperimento e impegnarsi nella rappresentazione, direi perfino nella rieducazione sentimentale: in tempi di analfabetismo emotivo, è una scelta notevole e più militante di quanto non appaia a prima vista. I personaggi del romanzo sono raggruppabili in coppie. C'è innanzitutto quella matura formata da Laura (la voce prevalente, che apre e chiude la narrazione) e da suo marito Davide, con le loro due figlie, l'adolescente Violetta (che sta con Guido, suo compagno di scuola) e la piccola Bettina. Sia Laura che Davide hanno una relazione, rispettivamente con Fabrizio (vecchia fiamma, riaccesa in coincidenza con la malattia superata dalla donna) e con la ventisettenne Mia (conosciuta per caso nella biblioteca comunale in cui lavorava da precaria). A sua volta Fabrizio, dopo un primo matrimonio da cui è nata Gaia, vive adesso con Francesca e con la figlia di lei, Letizia. Le reazioni interne alle coppie (tanto quelle palesi, familiari, matrimoniali, sentimentali; quanto quelle trasversali: tra genitori e figli, ad esempio) illustrano le manifestazioni e soprattutto i tempi esemplari dell'amore: l'amore nel presente domestico (il "vaccino", la "routine confortevole"), l'amore che si proietta nel passato e quello che aspetta invece un futuro impossibile o troppo lontano. La concezione di questo sistema è una prova pratica di maturità strutturale, realizzata nel
tour de force psicologico richiesto dal continuo passaggio da un io all'altro. D'altra parte, la tensione è dissimulata da un'accorta sordina espressiva: la costanza del registro medio concede pochissimo alla mimesi, perché la "grammatica" delle voci deve restare tutta interiore, o esteriorizzarsi nei gesti compiuti o percepiti, più che nelle parole. La comunicazione passa dai corpi e dagli oggetti, per essere di volta in volta interpretata nei pensieri dei singoli personaggi; quando è presente, il dialogo diretto tra gli uni e gli altri è per lo più un affioramento in superficie di una porzione minore dei significati. Ciò accade perché l'energiadel romanzo, il centro dinamico intorno a cui gravitano i mutamenti nei rapporti e nelle vicende, proviene da una dimensione difficilmente verbalizzabile: l'amore, tanto più quello "normale", evocato seriamente o ironicamente nel titolo, che non sopporta retorica e non alimenta il
romance. Sarà per questo che il romanzosembra quasi senza trama, o meglio: sembra fatto di trame tipiche, ciascuna abitata da un personaggio protetto dal proprio
Umwelt emotivo, che parla e procede lungo il solco del proprio discorso sentimentale all'insaputa o almeno indipendentemente dagli altri. Trame che s'incontrano, magari per corrispondersi, ma soprattutto per contraddirsi e ricominciare da capo, senza una vera progressione. E senza redenzione: la normalità non va qui confusa con la serena rassegnazione del romanzo senza idillio, ma coincide con uno stato di lucida disperazione sintetizzato nella citazione finale tratta da
Le affinità elettive: "Lo spettacolo continua dietro il sipario, ma quando questo si rialza non c'è più niente di bello da vedere o da sentire". È la necessità biologica, con la ciclicità dei suoi ritmi in cui l'amore entra come mezzo più che come fine, non la speranza né l'ingenuità a motivare la relativa apertura del finale: "Poco prima di raggiungere l'azzurro fuori dalla grotta Violetta si ferma (
). Mi è passata tutta la paura, dice, liberandosi e andando verso Guido". Nicolò Scaffai