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A dieci anni dalla prima edizione, Pezzino ripubblica la sua analisi della strage di Guardistallo aggiungendovi una ricca postfazione che dà conto dei progressi negli studi sulle stragi naziste nel corso del decennio e degli sviluppi di una ricerca personale indirizzata a chiarire sia il perché di quegli eventi sia la costruzione delle memorie ("divise" o "diverse" rispetto a quelle ufficiali) dei parenti delle vittime e le loro ricadute nella più generale storia italiana del dopoguerra.
Nel 1997, anno della prima edizione, o meglio nel 1994, anno di avvio della ricerca, coeva a quella su Civitella della Chiana (con cui condivideva il problema di una memoria che imputava ai partigiani, anziché ai massacratori, la responsabilità della strage), Pezzino era partito dalla domanda (che divideva il paese e che gli aveva rivolto la comunità di Guardistallo perché venisse sciolta "storicamente"): "Chi sparò per primo all'alba del 29 giugno 1944? Uno dei partigiani della formazione 'Gattoli' in trasferimento verso Casale Marittimo, che si voleva liberato prima dell'arrivo degli Alleati, o un militare della pattuglia tedesca, avanguardia di un folto gruppo di automezzi in ritirata verso il Nord, che si vide attraversare la strada?". Lo scontro a fuoco che ne era seguito era stato letale per la Gattoli e per il paese toscano di Guardistallo, nelle cui campagne si era riversato il terrore. Furono undici i partigiani uccisi, in combattimento o fucilati con gli altri ostaggi, e quarantasei i civili.
Nel 1994-1997 il lavoro del giudice e quello dello storico erano sembrati all'autore sovrapponibili e il libro era stato costruito in veste di processo (con un'istruttoria, un giudizio, una sentenza) in cui anche i partigiani erano stati chiamati in causa. Ora, nel 2007, la relazione fra giudice e storico gli appare, anche per la sua esperienza di consulente in diversi processi per strage, meno lineare, dovendo il giudice alla fine semplificare il quadro generale per individuare il colpevole, mentre lo storico tende a "complicarlo" per comprendere il contesto, che non è solo locale, anche se le scelte locali possono incidere sugli eventi.
La "guerra ai civili" nell'ambito della "guerra totale" decretata dal Terzo Reich (chiarita dagli studi di Schreiber, Andrae, Battini, Pezzino, Paggi, Klinkhammer, Gribaudi, Fulvetti, Baldissara) figura così al primo posto nell'operazione storica che, tuttavia, non può eludere, per l'autore, l'indagine dell'azione partigiana per misurare l'eventuale legame fra questa e la strage e le "opzioni concrete, e quindi storiche che si posero, e furono messe in atto, dai partigiani combattenti nell'affrontare la problematica della possibile ricaduta delle loro azioni sulle popolazioni".
La separazione, operata strumentalmente o per pregiudizio ideologico, fra centro e sinistra dello schieramento partigiano si rivela non valida sotto il profilo storico, poiché il tema della responsabilità attraversò tutte le formazioni. La questione allora non è di fare un "processo alla Resistenza" né tanto meno di discutere del "diritto di resistenza" di fronte a quel tipo di oppressione. Si tratta invece di comprendere lo spazio della scelta (individuale e di gruppo) dei resistenti e il carattere della loro azione, caso per caso, ciò che comporta una demitizzazione ma anche un'umanizzazione della Resistenza medesima. Dianella Gagliani
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