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Figura eclettica e quasi centenaria, Du Bois ha attraversato due secoli, nascendo poco dopo la conclusione della guerra di Secessione americana, nel 1868, per morire nel 1963 in Ghana. Intellettuale versatile, scrittore prolifico e vivace editore, ricordato soprattutto per il suo impegno sul versante dei diritti civili, è di fatto uno dei padri del panafricanismo, il movimento politico e culturale che teorizza l'unità inscindibile di tutti i popoli africani, destinati a superare la diaspora che vivono un po' per tutti e cinque i continenti. Le anime del popolo nero, scritto nel 1903,è un ritratto della componente afroamericana negli Stati Uniti non meno che un manifesto politico "ricostruzionista". Poiché di questa componente rivendica non solo le peculiarità culturali e la soggettività storica, narrata attraverso il corredo di una miriade di fonti quali le testimonianze orali, la musica, la poesia, i racconti e così via, ma anche la vocazione a essere coscienza collettiva, memoria condivisa, quindi progetto comune. Du Bois precorse alcuni fermenti che nell'America di Kennedy e di Johnson, così come nell'Africa della decolonizzazione, sarebbero divenuti moneta comune. Tuttavia il libro si presta a una doppia chiave di lettura, non essendo un testo di mere rivendicazioni o impotenti lamentazioni, bensì un reportage dall'America profonda, a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Il tono e il respiro del testo, ancorché dolenti, hanno la forza della grande prosa che si richiama all'intimo dissidio tra desiderio e angoscia, speranza e paura. Da leggere, quindi, anche come romanzo di formazione di una coscienza. Claudio Vercelli
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