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Un libro per ricordare ciò che è stato ai tanti che l'hanno dimenticato, e farlo conoscere a quelli nati dopo e cresciuti in una scuola dove la storia antica è molto più in onore di quella contemporanea: un contributo a fare i conti con il passato, in un paese dove è troppo facile rimuovere.
«Se ci ricordiamo i nomi dei carnefici e si dimenticano quelli delle vittime, vi è un corto circuito nella memoria collettiva: così si rischia di ribaltare i ruoli, di dimenticare ciò che è realmente accaduto. E la storia perde il suo senso»
Dal 12 dicembre 1969, quando esplode la filiale della Banca Nazionale dell'Agricoltura di piazza Fontana a Milano, fino all'assassinio di Roberto Ruffilli da parte delle Brigate Rosse il 16 aprile 1988, in Italia sono state ammazzate quasi quattrocento persone, e oltre mille ferite e rese invalide. Sono gli anni di «piombo e di tritolo», la stagione degli attentati a mano armata del terrorismo «rosso» – che uccide magistrati come Emilio Alessandrini, operai come Guido Rossa, giornalisti come Carlo Casalegno e Walter Tobagi, che sequestra e condanna a morte il presidente della Dc Aldo Moro – e delle stragi «nere», con gli ordigni esplosivi di piazza della Loggia, del treno Italicus e della stazione di Bologna. Quale intreccio si stabilisce tra questi due fenomeni di segno ideologico opposto? Come si inseriscono le violenze nella storia dell'Italia sospesa tra modernizzazione e democrazia bloccata? In un racconto articolato e drammatico, Gianni Oliva ripercorre i fatti di quegli anni. E ricostruisce l'Italia dei due decenni precedenti, un paese a due velocità, stretto tra le aperture della Costituzione e le rigidità del Codice Rocco: da un lato conservatrice e retrograda (nel 1954 condanna al carcere la «Dama Bianca» di Fausto Coppi per adulterio), dall'altro paese del miracolo economico, che si sposta con la Vespa o la Seicento, compra il frigorifero e il televisore e rimescola le sue culture con milioni di lavoratori trasferiti dal Meridione al Nord. Un convulso processo di modernizzazione che avrebbe avuto bisogno di essere governato dalla politica attraverso riforme profonde, capaci di disegnare un nuovo patto sociale. Ma è proprio ciò che in Italia non c'è stato, con il risultato di divaricazioni sempre più nette: il terremoto dei movimenti di piazza ha alimentato nella destra radicale i timori di una deriva comunista, e nella sinistra extraparlamentare l'illusione di una rivoluzione imminente. Lo Stato alla fine ha vinto la guerra, ma solo dopo aver perso (per colpa) troppe battaglie. Un libro per ricordare ciò che è stato ai tanti che l'hanno dimenticato, e farlo conoscere a quelli nati dopo e cresciuti in una scuola dove la storia antica è molto più in onore di quella contemporanea: un contributo a fare i conti con il passato, in un paese dove è troppo facile rimuovere.395 p., f.to cm 24x16, copertina rigida con sovraccoperta. Ottime condizioni. 9788804712237.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Non conoscevo l'autore. Mi è molto piaciuta la lealtà introduttiva. Libro scritto davvero bene, esso racconta un decennio in cui io mi sono affacciato da immaturo adolescente; un decennio torbido, commisto di ideologie nefaste, totalitarie, omicide; ideologie che hanno ingabbiato anche il dibattito politico in Italia, impedendo un progresso dialettico tra destre e sinistre che invece all'estero si è sviluppato in maniera assai più lineare che qui da noi. Lascia sempre un velo di tristezza vedere come attraverso facili pentimenti di convenienza molti assassini, complici ed anche meri fiancheggiatori se la siano cavata non ostante il profondo dolore causato nelle famiglie delle vittime (e voglio proprio stare sulle famiglie e non su roboanti parole come "Stato", "Istituzioni", "Società".., sulle quali ognuno potrà filosofare a proprio piacere). Benissimo ha fatto Gianni Oliva a chiudere il libro con un "redde rationem" che, nella profonda semplicità verbale di poche pagine, ben riflette lo schizofrenico girovagare, quasi da pallina da flipper, delle più sconclusionate "idee politiche" della nostra fine del '900, che purtroppo ancora oggi trovano porte aperte troppo facilmente nel mondo dell'informazione, quasi si volesse ritrovare un humus che avesse coltivato, pur nel terrorismo, un anelito di chissà che. Si pensi all'ultimo esempio: l'assurdo dibattito degli ultimi anni intorno a Cesare Battisti, per molti commentatori ridotto ad un "grande scrittore perseguitato". Ed invece no: stavano tutti dalla parte sbagliata: sia chi ha guardato a destra sia chi ha guardato a sinistra. Senza se e senza ma!
Siamo in presenza di un saggio scritto veramente bene, per nulla difficile da leggere e che riassume in maniera magistrale un decennio veramente buio della nostra storia.
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