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Leggere poesia non é più così "facile" come é stato un tempo, forse perchè, come è stato ben detto da Sergio Quinzio, oggi non ci sono più poeti ma letterati, e questo fa tutta la differenza del mondo. Caproni, invece. é stato un poeta e nel novecento italiano di poeti ne abbiamo avuti davvero tanti, tutti di valore. La caratteristica di Caproni è quella di poter esser letto a livelli diversi; ha un linguaggio colloquiale, in qualche modo piano e descrittivo, ma poi ti accorgi che certe sue parole ed espressioni sono cariche di significato e che la lettura delle sue poesie pretende più attenzione e partecipazione emotiva. Come se, in itinere, ci si accorgesse del secondo livello. In questa antologia, che fu curata da lui medesimo, c'è una poesia che si intitola "Ad portam inferi" che è del tutto straordinaria e commovente, anche se, e soprattutto per questo, fa di tutto per tenersi lontana dal troppo coinvolgimento emotivo. In "Ad portam inferi" è la madre di Caproni, Annina, a trovarsi apparentemente in una situazione banale: un frequentato bar di stazione in un umido e freddo mattino; eppure Annina incomincia a non sapere più. Scrive Caproni che é lì per "l'ultima coincidenza / per l'ultima stazione"; sa e sta cominciando a non sapere più. Siamo tutti fermi su quella banchina ferroviaria; il figlio con lei, senza nessuna pretesa di poter ottenere informazioni dal capotreno o ragguagli di orario; gli ororlogi, del resto, sono fermi per sempre.
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