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Non è certo di facile lettura questo breve quanto prezioso scritto di Massignon; però l’argomento: i sette giovani addormentati nella caverna di Efeso per sfuggire alla persecuzione dell’imperatore Decio, ha un fascino tutto suo. Prima di tutto perché coinvolge e affratella diverse fedi religiose, dal Cristianesimo cattolico e ortodosso (tanto che il racconto è entrato a far parte della “Legenda Aurea” di Jacopo da Varazze) fino all’Islām. E Massignon parte proprio dalla Sūrah XVIII, Ahl al-kahf, per tessere la sua fitta rete di corrispondenze con la letteratura greca e latina, con la tradizione ebraica e cristiana, e all’interno della frastagliata tradizione araba. Si muove perciò con estrema perizia filologica, documentando con precisi riferimenti ogni suo passo; ma invero lo scavo filologico, lo scavo nella sasso della meditazione prescientifica dei semiti è solamente il vestibolo di una chiara visione filosofico-teologica. In secondo luogo, perché recitare il Venerdì la Sūrah della Caverna “aiuta essenzialmente a porsi sotto la direzione spirituale di al-Khadir” e – come simboleggiato dai sette dormienti – “nello stato mentale del perfetto abbandono a Dio”. In ambito musulmano – poiché è da tale prospettiva che Massignon guarda – questo abbandono (la quiescenza) che, così come i Santi accettano passivamente gli stati mistici, invera l’insegnamento più puro dell’Islām, se ricordato nella recitazione si dice possa riparare le crepe nel Muro di Gog e Magog, prefigurando il ritorno allo stato della santità. Ma il discorso di M. pian piano cresce toccando molteplici aspetti di questa antica leggenda, richiamando la figura di Abramo, di Khadir-Eliyās, del Mahdi-Messia, di Hallāj cui si ricollega il Risveglio dei Sette Dormienti, dei Santi degli Ultimi Tempi, quand’egli assumerà il ruolo di Khadir e il nome escatologico di Mansūr. In appendice, infine, è presente la traduzione della Sūrah Ahl al-kahf, suppongo condotta sulla versione in francese dello stesso Massignon.
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