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L'autore, che ha studiato all'Universit・ di Bochum e ora collabora con la cattedra di filosofia del diritto dell'Universit・ di Catania, dichiara l'assenza di riflessione sul "politico" nello Heidegger fenomenologo e assistente di Husserl, prima di Essere e tempo, ma, nondimeno, ritiene possibile ravvisare nell'impianto discorsivo giovane-heideggeriano, in modo implicito, "l'inevitabilit・ di un momento politico": quello dell'istituzione collettiva dei significati, che rimanda a "una strutturazione democratica dello spazio politico". Su questa base l'autore sviluppa alcuni confronti, soprattutto con Hannah Arendt, ma anche con Merleau-Ponty, Derrida, Nancy, Lefort, partendo "da" Heidegger ma andando "oltre" Heidegger. Soprattutto nell'ultimo capitolo viene per・ documentata la compresenza nel giovane Heidegger di motivi "antipolitici", cio・ lo sviluppo di "un progressivo ed inesorabile atteggiamento strutturale in base al quale la sfera immanente e soggettiva acquisisce il titolo di ambito originario ed autentico dell'esperienza, mentre la sfera di trascendenza intersoggettiva e pubblica si vede imputati i caratteri della derivatezza e della devianza". Ci・ porter・ il filosofo alla contrapposizione tra esserci autentico e inautenticit・ dispersiva del 鉄i・ anonimo, illustrata in celebri pagine di Essere e tempo, con la correlativa pericolosa fascinazione esercitata dalle sirene di una comunit・ "popolare" organica. A Heidegger rimane cos・ preclusa la comprensione "del fatto che soltanto la compartecipazione fra esseri unici interagenti in uno spazio comune si rivela l'istanza in grado di creare un mondo, di confermarlo e anche di ridiscuterlo e ridisegnarlo". Il saggio ・ in definitiva un'analisi critica, di sapore arendtiano, delle aporie irrisolte dello Heidegger "politico", rintracciate nelle loro radici originarie attraverso le lezioni dei primi anni venti, e in questo sta l'interesse storiografico della ricerca.
Cesare Pianciola
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