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Un romanzo profondamento amaro, narrato con il tono quasi apatico e piattamente descrittivo d'un archeologo che attraverso i suoi reperti ricostruisce vicende individuali e collettive. I "reperti" sono Leo e Michela, giovani negli anni Sessanta, descritti dall'io narrante, amico e coetaneo della coppia, attraverso un arco di tempo di circa quarant'anni, fino al termine del Novecento. Leo e Michela volevano cambiare il mondo. I loro molteplici tentativi utopistici, talvolta ingenui e grotteschi, vengono neutralizzati dal pantano in progressiva espansione della coscienza civile contemporanea. Il titolo dell'opera è particolarmente efficace, perchè Vassalli sembra raccontare fatti remoti, mentre parla invece del nostro presente storico, degli anni vissuti dai sessantenni di oggi, anni rapidamente cancellati dalla memoria collettiva. La medesima sorte che sembra aver subito lo stesso Vassalli. La sua recente morte non pare aver scosso il torpido e viziato mondo editoriale e culturale odierno.
voto 3/5 non per la scarsa qualitá, é un grande libro ma il voto scende se comparato con i "big". il libro racconta le radici dell'italia di oggi, la genealogia di quello che viviamo oggi, cosa é successo prima di ieri, la mancata rivoluzione del '68, il fallimento dei sogni di un'intera generazione, un fallimento che paghiamo oggi perché ne siamo i figli e nipoti.
Un romanzo scorrevole che ripercorre un periodo della storia assai intenso (dal 68 agli anni più recenti) le velleità di chi voleva cambiare il mondo ,l'irriducibilità dei "sognatori" ,la loro ingenuità .....ma cosa sarebbe la storia senza costoro ? Seppur sconfitti,ciò che hanno lasciato è stato in parte recepito : i diritti individuali,la cultura dell'ambiente,una sessualità liberata ....
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