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Anno edizione: 2018
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Echi del miglior Marquez (in particolare, "L'autunno del patriarca") alternati a pennellate "blues" degne del "Compagno di sbronze" Bukowski e ad alcuni rimandi "crudi e taglienti" al suo precedente romanzo ("Nudi come siamo stati") rendono questo romanzo intrigante e particolare quanto basta. Si fa fatica a carburare nei primissimi capitoli, ma non appena entra in scena l'Argentino si vola sulle ali della fantasia, ed il piccolo microverso di personaggi di contorno s'insinua nella testa rumoreggiando senza sosta, fino alla fine.
Recensioni
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Il mantovano Ivano Porpora non si abbandona all’oggi, ma al passato, e presta il suo sguardo e la sua voce a una storia di metà Novecento, in un microcosmo spagnolo, ai tempi del franchismo, anche se la politica e un po’ tutto il mondo restano sostanzialmente sullo sfondo, sono pochissimi i riferimenti all’attualità del 1958. Lì, a San Cristobàl de Cuellar, la vita scorre cadenzata, immutabile, ciclica, con personaggi e movimenti che sembrano ripetersi sempre uguali, prevedibili, in quelle due strade che compongono il villaggio, in quelle centosessanta anime che lo abitano, in una specie di spaccato western. Marsilio pubblica il suo L’argentino (166 pagine, 16 euro) e Porpora prosegue il suo personalissimo cammino, che poco, pochissimo tiene in considerazione mode e tendenze. Pur narrando temi eterni, adolescenza, amore, amicizia, sesso, bene contrapposto al male.
L’argentino, obviously, non ha nulla di argentino e nemmeno ha mai messo piede in Argentina, più probabilmente era mediorientale. È lo straniero che arriva e fa saltare il banco in «un paradiso pieno di diavoli», una piccola ancestrale comunità (un topos eterno, di recente anche Carola Susani ha scritto su questo canovaccio, pubblicando La prima vita di Italo Orlando), colma di pregiudizi: è un gruppo di ragazzini a scorgerlo per la prima volta ed è rievocato da uno di loro, l’ormai anziano Verano, figlio di Miguel il falegname, che torna con gli occhi della memoria alla sua gioventù, alla fine degli anni Cinquanta. E rievoca l’argentino, una sorta di Cristo reincarnato, che si contrappone, nel breve arco di pochi giorni, al diavolo locale, Rosario, il selvaggio bullo del villaggio.
Nando Verano è un testimone privilegiato degli eventi e dell’avvento dell’argentino, che sposta equilibri nel corso di una caldissima estate, compie prodigi, si spinge dove altri nemmeno si sognano (verso la porta d’accesso dell’inferno, legata alla maledizione di un grandissimo scrittore spagnolo del passato), semina insegnamenti e sentimenti fra ammirazione e diffidenza, quindi non sempre apprezzato dalla gente, la cui vita comunque cambierà per sempre. Di libro in libro, questo è il suo terzo romanzo (che si ricollega al secondo), la padronanza dei mezzi e l’evoluzione di Porpora è sotto gli occhi di tutti. È una promessa ulteriore per il futuro.
Recensione di Micol Treves
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