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Anno edizione: 2011
Anno edizione: 2022
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Venerdì 10 giugno 2011 il quotidiano "Libero" ha pubblicato il testo di una lettera dello scrittore Louis Férdinand Céline in cui l'odio razzista, in particolare antisemita, emerge con chiarezza. Che cosa c'è di nuovo in quella lettera tale da giustificarne la pubblicazione? Niente che non sapessimo già. Niente che non sia stato descritto con dovizia di particolari da Francesco Germinario nel suo libro Celine. Letteratura, politica e antisemitismo (Utet, 2010). Il problema di saperne di più non viene dunque risolto da quella lettera. Per saperne di più, infatti, occorre comprendere come si formi un linguaggio.
Le convinzioni, la rabbia e l'intransigenza di Céline in quella lettera non erano figlie di una follia solitaria. Furono il risultato di un processo iniziato prima, che ha una storia dietro le spalle. L'antisemitismo sterminazionistico, a differenza tanto del razzismo generico come dell'antigiudaismo classico, cresce nella seconda metà dell'Ottocento, convinto che per risolvere il timore del complotto ebraico, e dell'invasione che meticcerà l'Europa, non ci sia che una soluzione: l'eliminazione fisica degli ebrei. Quello che i nostri nonni hanno visto, a cui alcuni di loro hanno partecipato, altri assistito senza produrre reazione alcuna, altri tentato di contrastare, non è nato improvvisamente in un'Europa che aveva smarrito la ragione. Era nato con i loro nonni e i loro bisnonni. Tutti temi che stanno al centro di Argomenti per lo sterminio che costituisce il testo complementare a Costruire la razza nemica (Utet, 2010) con cui Germinario ha avviato l'indagine sulla formazione culturale e politica dell'antisemitismo contemporaneo.
La tesi centrale di Argomenti per lo sterminio è la non coincidenza di razzismo e di antisemitismo contemporaneo. Per entrambi, sostiene Germinario, il tema è l'ossessione del meticciato e il timore della decadenza come conseguenza di una società ibrida. Ma quel fenomeno di mescolamento è letto dal razzista e dall'antisemita in forma diversa: mentre per il razzista "il meticciato determina la fatale mescolanza delle razze e la loro degenerazione, che mette in pericolo l'esistenza stessa della civiltà medesima, nell'immaginario antisemita l'incrocio provoca un Aufhebung [un annullamento] a tutto vantaggio dell'ebraicità (
) l'ebreo incrociandosi non si nega, ma radica l'ebraicità in chi ebreo non è. (
) Il che significa che per l'antisemitismo il meticciato è solo apparente, essendo una strategia per l'ebraizzazione dell'umanità". E da ciò discende il nocciolo duro di quella che poi diverrà nel corso degli anni venti e trenta del Novecento la convinzione del nuovo antisemitismo: la necessità non tanto di contenere gli ebrei, o di segregarli, ricreando le condizioni del ghetto, ma quella di eliminarli. Un approccio che non è solo gerarchico o biologico, ma anche culturalista.
Germinario non affronta lo sterminio fisico, perché, come precisa nell'introduzione, lo sterminio non è il risultato di una cultura della soppressione del nemico che si definisce nel momento stesso in cui lo sterminio avviene. Alla rovescia, lo sterminio avviene, in un sistema totalitario, perché le categorie culturali, i valori sui quali si legittima, sono già costruiti nelle società politiche liberali che precedono il totalitarismo. Avviene cioè nella lunga stagione che attraversa la seconda metà dell'Ottocento e i primi due decenni del Novecento. E Germinario concentra la propria attenzione su quella stagione perché è lì che si crea la fabbrica mentale e culturale che prepara lo sterminio. Un processo che è caratterizzato dalla metamorfosi culturale dell'antisemitismo e che procede da un codice a carattere prevalentemente religioso a uno che invece che si alimenta di motivi antropologici, scientifici, economici, in cui un ruolo non indifferente ha la visione "medicalizzata" della società e, soprattutto, la psichiatria, la quale contribuisce in maniera decisiva a definire linguaggio, procedure, terapie. Una pista di indagine, quella proposta da Germinario, che contrae un forte debito con Michel Foucault.
Nel passaggio tra Ottocento e Novecento la traccia del sangue, di un razzismo scientista, cede il primato (il che non vuol dire che scompaia) agli indizi propri dell'equilibrio mentale: la nevrosi, i tic nervosi, l'isteria, divengono i tratti della devianza pericolosa e soprattutto le tracce dell'ebraizzazione della società da cui occorre allontanarsi. In questo passaggio si danno appuntamento molte figure, anche con intenti diversi e con impianti culturali diversi: psichiatri, economisti, pubblicisti, agitatori sociali. La parola d'ordine diviene l'annullamento del percorso inaugurato dalle società liberali. Il cammino verso le pratiche di sterminio come terapie di liberazione si inaugura allora. David Bidussa
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