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Femminista, ebrea, pacifista, ecologista, storyteller, cantastorie, narratrice, poeta, Grace Paley pone al centro della sua vita e della sua poetica l’arte dell’ascolto, irrinunciabile punto di partenza per ogni sua creazione artistica. Chiunque voglia scrivere si deve disporre con orecchi affinati, allenati per ascoltare il linguaggio della casa, della strada, della famiglia, degli amici, della storia, della letteratura, fino a trovare la propria voce. Ascoltare storie e raccontarle, «nel modo più semplice possibile, allo scopo di salvare qualche vita» è stato il suo costante impegno, il suo metodo e il suo obiettivo, radicati nella convinzione che scrivere sia un atto politico e che la politica sia letteratura. Racconti, poesie e saggi nascono dall’urgenza di scrivere del crescere i figli, dei rapporti donna-uomo, di ambivalenze, speranze, fallimenti, tragedie, dei «piccoli contrattempi del vivere», sullo sfondo della Storia, che si snoda «mentre si lavano i piatti», in una New York popolata di donne, amiche e madri, che si sobbarcano il peso del quotidiano. La cifra della sua scrittura è una leggerezza dissacrante; niente è tanto sacro da dover essere sottratto ad uno sguardo ironico. Ironizzare diventa così uno strumento per interporre una distanza che permetta di non rimanere sopraffatti dall’angoscia della memoria dell’orrore subito, come nel caso dell’olocausto, ma che aiuti a tentare comunque di affrontarlo. Insieme alle protagoniste dei suoi libri,Grace Paley dunque non si sottrae al riconoscimento delle atrocità della storia, ma rifiuta di rassegnarsi: la sua fiducia nella possibilità di «riparare il mondo», e la sua determinazione a provare a farlo, è una precisa scelta culturale, sociale e politica ed è una responsabilità che lei e le sue protagoniste si riconoscono in quanto donne, madri e scrittrici. Si tratta di una delle grandi figure della letteratura del Novecento: ha scritto relativamente poco,ma ogni sua sillaba distilla un mondo.
Femminista, ebrea, pacifista, ecologista, storyteller, cantastorie, narratrice, poeta, Grace Paley pone al centro della sua vita e della sua poetica l’arte dell’ascolto, irrinunciabile punto di partenza per ogni sua creazione artistica. Chiunque voglia scrivere si deve disporre con orecchi affinati, allenati per ascoltare il linguaggio della casa, della strada, della famiglia, degli amici, della storia, della letteratura, fino a trovare la propria voce. Ascoltare storie e raccontarle, «nel modo più semplice possibile, allo scopo di salvare qualche vita» è stato il suo costante impegno, il suo metodo e il suo obiettivo, radicati nella convinzione che scrivere sia un atto politico e che la politica sia letteratura. Racconti, poesie e saggi nascono dall’urgenza di scrivere del crescere i figli, dei rapporti donna-uomo, di ambivalenze, speranze, fallimenti, tragedie, dei «piccoli contrattempi del vivere», sullo sfondo della Storia, che si snoda «mentre si lavano i piatti», in una New York popolata di donne, amiche e madri, che si sobbarcano il peso del quotidiano. La cifra della sua scrittura è una leggerezza dissacrante; niente è tanto sacro da dover essere sottratto ad uno sguardo ironico. Ironizzare diventa così uno strumento per interporre una distanza che permetta di non rimanere sopraffatti dall’angoscia della memoria dell’orrore subito, come nel caso dell’olocausto, ma che aiuti a tentare comunque di affrontarlo. Insieme alle protagoniste dei suoi libri,Grace Paley dunque non si sottrae al riconoscimento delle atrocità della storia, ma rifiuta di rassegnarsi: la sua fiducia nella possibilità di «riparare il mondo», e la sua determinazione a provare a farlo, è una precisa scelta culturale, sociale e politica ed è una responsabilità che lei e le sue protagoniste si riconoscono in quanto donne, madri e scrittrici. Si tratta di una delle grandi figure della letteratura del Novecento: ha scritto relativamente poco,ma ogni sua sillaba distilla un mondo.
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