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L'arte di vivere in difesa - Chad Harbach - copertina
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arte di vivere in difesa

Descrizione


Quando arriva al Westish College, sulle sponde del lago Michigan, Henry Skrimshander è un ragazzo gracile e spaesato, certo soltanto della propria inadeguatezza. Ma sul campo da baseball si trasforma, e un istinto infallibile lo guida in gesti di una grazia assoluta. Mike Schwartz, il suo mentore e migliore amico, ripone in lui tutte le sue speranze di ragazzone stempiato dal cuore grande e dal futuro incerto, mentre Owen Dunne, il compagno di stanza gay e mulatto, lo confonde con l'inarrivabile spigliatezza dei modi e i lapidari giudizi in fatto di letteratura e blue jeans. Poi c'è Guert Affenlight, il rettore che a sessant'anni ha ceduto alla forza di un sentimento inconfessabile, e adesso lotta felice e sgomento per non soccombere alla marea delle proprie emozioni impazzite. Sua figlia Pella sta per tornare in città con una vecchia borsa di vimini e un matrimonio fallito alle spalle, precoce e irrequieta come il giorno in cui se ne andò. Ma al Westish, tra drammi che incombono e amori incipienti, tutto sta per cambiare. E ciascuno, che lo voglia o no, sarà costretto a fare i conti con quella cosa luminosa e terribile che chiamiamo vita.
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Dettagli

2012
14 marzo 2012
513 p., Rilegato
9788817056076

Valutazioni e recensioni

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Arianna
Recensioni: 5/5

Stupendo. Un ritratto di cosa significa crescere, sbagliare, imparare ad ogni età. Sicuramente comprendere il linguaggio del baseball non è semplice per chi, come me, non conosce il gioco, ma è facile cogliere la metafora tra sport e vita. Lo consiglio assolutamente.

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zombie49
Recensioni: 3/5

Henry Skrimshander è un ragazzino gracile e timido, appena arrivato da una cittadina rurale al Westish College, una piccola università del Wisconsin. Mike Schwarz, il ricevitore della squadra di baseball, è il primo a capirne le potenzialità quando lo vede rilanciare agile e veloce nel ruolo difensivo d’interbase. Il compagno di stanza di Henry è Owen Dunn, esterno destro, un portoricano mulatto omosessuale. Un giorno Henry sbaglia un tiro e colpisce Owen, che è ricoverato in ospedale. L’incidente mette in crisi Skrimmy, e il suo rendimento in campo cala. Lo sport raccontato è poco interessante; quando poi non si capisce, è noioso. Il libro è dedicato allo sport americano x eccellenza, il baseball, poco seguito e amato in Europa. Le descrizioni delle fasi di gioco sono necessariamente poco comprensibili e soporifere. La storia è un’apologia dei valori tradizionali a stelle e strisce: il duro impegno fisico e mentale per ottenere il successo, la celebrazione di valori morali, dall’ecologia al rispetto per omosessuali e neri. Più interessanti, o almeno comprensibili, le vicende sentimentali dei protagonisti: la figlia del rettore Guert Affenlight, Pella, dopo un burrascoso matrimonio inizia una relazione con Mike. Fra l’anziano professore e Owen nasce un’inconfessabile attrazione che rende la storia più piccante: è il più giovane a prendere l’iniziativa e Guert a mostrarsi intimidito. Skrimmy è uno sprovveduto ingenuo e manipolabile ossessionato dai risultati sportivi. E’ interessante il tema della pressione nello sport, dell’ansia x l’obbligo di vincere, dell’abuso di farmaci x continuare a farlo, del fallimento. La conclusione sportiva è scontata, quella macabra sconcertante. Il libro descrive la vita in una piccola università in cui lo sport è più importante dello studio umanistico: il timore degli esami, gli amori, le amicizie, le sfide. E’ una storia briosa e scorrevole, a volte prolissa nella descrizione di eventi irrilevanti: ottocento pagine sono troppe.

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Gianluca
Recensioni: 3/5

Un libro che si legge bene, a volte un pochino lento, Non è, secondo me, il capolavoro che si vuole dipingere. Un libro che non riesce mai ad appassionare veramente, un romanzo di formazione che poco ha da dire a chi ha già letto molti libri. Ripeto, un libro che si fa leggere, ma per i quali non c'è bisogno di alcun periodo di pausa prima di leggere un altro libro quando questo è finito. La storia di sforzi e sacrifici sembra poi condurre a un baratro ancora peggiore di quello descritto nel libro... alla fine la rassegnazione regna sovrana, quando nessuno ha davvero voglia di inseguire il proprio sogno iniziale, ma anzi si rimane nel nido caldo e sicuro e con le persone che ci "accompagnano/guidano/manipolano" (spesso per aumentare la propria auto-stima) - e si "capisce che quello che si ha è davvero quello che si voleva".... un finale banale. Purtroppo la promozione di un libro passa ancora per il canale vendite dovute a lettura facile e questo libro è una bella lettura estiva senza impegno.

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Voce della critica

  Di tutti gli sport praticati in Nord America – football, hockey, lacrosse – il baseball è forse quello che meglio ha saputo rappresentare l'epopea statunitense. Anche ai nostri occhi: nonostante le sue regole ci risultino per lo più oscure, e il calcolo dei punteggi incomprensibile. Anche noi europei conosciamo i nomi dei grandi campioni americani, da Babe Ruth a Joe DiMaggio, da Lou Gehrig a Willie Mays, pur non avendoli mai visti giocare. Consapevolmente o meno, anche noi ci siamo schierati con i Giants o gli Yankees, le due squadre di New York, neanche fosse un derby di casa nostra. Leggendo autori come Malamud e DeLillo, abbiamo familiarizzato con le liturgie e i paramenti di questo sport altamente ritualizzato: i guantoni di pelle, i segnali del catcher, quel continuo masticare e sputare tabacco. Anche noi abbiamo provato l'emozione di calpestare l'erba del diamante di gioco, grazie a decine di film di prima grandezza, da L'uomo dei sogni a Bull Durham, fino al recente Moneyball. L'arte di vincere, con Brad Pitt. Il talento, il gioco di squadra, il fallimento: ovviamente, le analogie tra il baseball e la vita sono infinite. "Un uomo arriva alla base. È solo", recitava solennemente Robert De Niro, nei panni di Al Capone, in una scena degli Intoccabili. "Questo è il momento per che cosa? Per godere del successo personale. È fermo là, da solo. Ma sul campo, che cos'è? È parte soltanto di una squadra vincente. Guarda, lancia, acchiappa, corre. Ma è solo parte di una squadra". Evidentemente, quando ha cominciato a scrivere la storia di Henry Skrimshander e della squadra di baseball del Westish College, Chad Harbach, al suo debutto narrativo con L'arte di vivere in difesa, era ben consapevole della ricca tradizione che lo precedeva. E ha fatto la scelta giusta: non si è limitato a riproporre tutte le costanti del genere, magari con qualche variazione, ma ha riversato nel romanzo tantissima vita – polvere, sogni, sudore, delusioni, felicità – raccontando, pagina dopo pagina, e dettaglio dopo dettaglio, un intero microcosmo, quello di un piccolo campus universitario del Wisconsin affacciato sulle rive del lago Michigan. Henry Skrimshander ha un talento prodigioso. Non è un pitcher, e come battitore lascia a desiderare: la sua specialità è la difesa. È un interbase. Il suo compito è agguantare la palla e consegnarla nelle mani dei compagni il più rapidamente possibile. E, in questo, il piccolo Henry – un ragazzino magro, con il petto "assurdamente concavo e una sfacciata abbronzatura da contadino" – non ha eguali. Nessuno è altrettanto preciso, o potente, o aggraziato. A scoprirlo, in un torneo minore, e a trascinarlo fino al Westish College, la cui squadra di baseball ha un disperato bisogno di rinnovamento, è Mike Schwartz, anima e cuore del dipartimento sportivo. Alto, stazzato, le ginocchia distrutte da anni di allenamenti, Mike non ha il talento di Henry, ma fa di tutto per rimediare con dosi massicce di buona volontà. È il capitano della squadra, e in pochi mesi diventa il migliore amico di Henry, il suo mentore, il suo preparatore atletico. Attorno a questa coppia di amici, tra i quali inevitabilmente si insinuerà il germe della rivalità, ruota un cast di comprimari tra i quali spiccano Guert Affenlight, rettore dell'università e autore di un bestseller intitolato I distillatori di semi, sua figlia Pella, la cui vita sta andando a rotoli, e Owen Dunne, il compagno di stanza di Henry, fieramente gay e incontestabilmente à la page. Quando arriva al Westish College, Henry porta con sé un libro solo: una copia consunta dell'Arte della difesa, di un certo Aparicio Rodriguez, leggendario interbase dei St Louis Cardinals. Più che di un manuale, si tratta di una raccolta di koan sul baseball e sulla vita; contiene massime del tipo: "L'interbase è fonte di stabilità nel cuore della difesa"; oppure: "La morte è la definitiva sensazione dell'operato di un atleta". Henry lo conosce a memoria, ma non è il solo: uno degli aspetti più sorprendenti del romanzo di Chad Harbach è proprio il valore che i suoi personaggi attribuiscono ai libri. Quando Mike Schwartz vede Henry in azione per la prima volta, ripensa a un verso di Robert Lowell: "Senza espressione, esprime Dio". La carriera del rettore Affenlight è segnata dalla scoperta, negli anfratti della biblioteca universitaria, della minuta di un discorso tenuto da Melville proprio al Westish College, nel lontano 1880. Quando sua figlia Pella incontra per la prima volta Mike, in una scena chiave, i due si mettono a parlare della moglie del poeta Ralph Waldo Emerson, morta di tubercolosi. E tutti questi riferimenti letterari – ce ne sono tanti altri, sapientemente intrecciati alle vicende dei protagonisti – non devono sorprendere: dopotutto, siamo in un college. Come è facile intuire, gli ingredienti principali di questo romanzo corale sono la passione per il baseball e la fiducia nella letteratura. Una fiducia che Chad Harbach – uno degli editor della giovane rivista "n+1" – deve nutrire nel profondo, se per quasi dieci anni ha accumulato debiti pur di continuare a scrivere L'arte di vivere in difesa, e se, alla fine, ha avuto il coraggio di pubblicare, in una stagione editoriale dominata dai libriccini di cento pagine, un romanzo tanto voluminoso; un romanzo ricchissimo nella rappresentazione dell'odierna commedia umana, e altrettanto generoso nel dispensare emozioni e colpi di scena. A seconda delle preferenze, il lettore potrà scegliere quale sentiero seguire: se immergersi nella storia di formazione, o godersi le atmosfere terse della campus novel, o lasciarsi avvincere dal racconto sportivo. Oppure, se vivere tutte queste esperienze in una volta sola. Talento, gioco di squadra, fallimento: in fondo, il baseball è tutto questo.   Martino Gozzi  

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