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Nel capitolo 20 dell'"opus maius" di Bloch, la speranza è diretta non tanto al futuro quanto alle possibilità tendenti/latenti insite nell'"attimo oscuro", al "nunc aeternum" e al "carpe aeternitatem in momento" (cf. pp. 1409 e 1502, p. 1526 e p. XIX dell'Introduzione di Bodei a "Il principio speranza"). Essa difatti designa una virtù ancora non più che virtuale poiché nella cosiddetta "sinistra aristotelica" la possibilità si colloca come "tertium" fra la probabilità e l'atto in una metafisica della realtà sfumata/graduale. Se nelle religioni Dio, le divinità, i divinizzati, gli spiriti e le anime coesistono in una dimensione parallela, al che l'apocalisse si riduce alla scoperta gnoseologica di tale univers'ontologico già sussistente, invece nell'ateismo blochiano si ha dell'apocalisse un'idea eretica: l'utopia è un mond'ontologicamente già dato come possibilità ma in attesa di concretizzarsi, realizzarsi, inverarsi. A differenza dell'inconscio freudiano e della kafkiana "porta della legge", l'evento risolutivo non è una realtà solo da scoprire m'anzitutto d'attuarsi. Si tratta d'un "presentismo" diverso da quello postmoderno per il suo consider'anche ciò che vi è d'inesplicitato.
L'enciclopedicità di Bloch lo rende tanto ricco di spunti notevoli quanto esposto alle critiche più profonde. Già il considerare la speranza una virtù è ancora troppo teologico e teologale, sebbene nel capitolo 20 del suo "opus maius" essa venga diretta non solo al futuro ma alle possibilità tendenti-latenti insite nell'"attimo oscuro", al "Nunc aeternum" e al "carpe aeternitatem in momento" (cf. pp. 1409 e 1502, p. 1526 e p. XIX dell'Introduzione di Bodei a "Il principio speranza"). Il protestante Moltmann ha dimostrato come la "Teologia della speranza" non sia che un aspetto decisivo de "Il Dio crocifisso". Tuttavia il problema più irrisolto di Bloch è forse quello del rapporto fra il cosmo e il suo sottoinsieme antropico: davvero l'"Experimentum mundi" scommette sull'"experimentum hominis"? Ossia: davvero la cosmogenesi è antropocentrica? C'è persino chi sostiene la tesi opposta: noi umani saremmo d'intralcio e d'ostacolo per il termine della cosmo(a)gonia. Lo affermavano già le apocalissi ebraiche precristiane, lo ribadisce Nietzsche: "In un angolo remoto dell'universo scintillante e diffuso attraverso infiniti sistemi solari, c'era una volta un astro, su cui animali intelligenti scoprirono la conoscenza. Fu il minuto più tracotante e più menzognero della storia del mondo, ma tutto ciò durò soltanto un minuto. Dopo pochi respiri della natura, la stella si irrigidì e gli animali intelligenti dovettero morire. Era anche tempo: difatti, sebbene si vantassero di aver già conosciuto molto, alla fine avevano scoperto, con grande riluttanza, di aver conosciuto tutto falsamente. Essi perirono, e morendo maledissero la verità. Così accadde a quei disperati animali che avevano scoperto la conoscenza'' (incipit di "Verità e menzogna in senso extramorale", 1873).
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