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Amo circondarmi di libri che scaturiscono da sincere disquisizioni del cuore. Molte volte queste sono opere scritte da autori appartenenti all’underground letterario, che rischiano di rimanere sepolte sotto quintali e quintali di pagine inutili, ma ben pubblicizzate.
Massimo Angiolani fa parte della cerchia degli scrittori silenziosi e confinati. Eppure, lui non soffre per la sua condizione da emarginato, anzi, ne è orgoglioso. Sa bene che la scrittura, quella vera, è una fede che si professa per la salvezza della propria anima. Pertanto, essa non si mostra agli altri, ma si pratica per se stessi. Di qui, la genuinità dei suoi racconti, intrisi di una amoralità malinconica, di un vissuto che si riflette nelle parole, che si manifesta attraverso emozioni universali.
Della genuinità di Angiolani ho parlato già nella recensione del suo Non si possono vendere i cani morti, romanzo ironico e malinconico, per certi versi thrash, per altri romantico. Gli ho chiesto di spedirmi anche questa raccolta di racconti, Le ballate dispari, uscita precedentemente, sicuro che mi sarei interfacciato con una scrittura vera, senza fronzoli, demolitrice di ogni egotismo.
Inutile dire che così è stato.
Dieci racconti, forse autobiografici, forse frutto della più allucinata fantasia, forse scritti in qualche punto dello spaziotempo. Dieci schiaffi alla gentilezza, dieci pugni alle buone maniere, dieci parabole che raccontano allegramente una tragedia personale che passa di personaggio in personaggio, di io in io.
Ecco Angiolani, anonimo protagonista che viaggia per il mondo; che si rotola nella fangosa vita di provincia; che lucidamente attraversa la vita con le sue miserie, senza aspettarsi nulla, senza chiedersi cosa sia il nulla. Non importa quanto ci sia di personale in questi racconti, interessa solo la forza di queste testimonianze, così semplici, ma così potenti, perché descrivono la vita quotidiana e le inquietudini di un mondo che divora i suoi figli.
Angiolani… figlio di un mondo in cui si balla per inerzia.
Angiolani… testimone della sua generazione, quella cui è stata affibbiata la lettera X, perché forgiata da una rabbia, da uno spaesamento e da un’infelicità senza origine.
Tutto questo è Le ballate dispari, un libro da apprezzare per la sua genuinità. Un’opera che solo uno scrittore “innocente” e lontano dalle mode può scrivere.
Recensione di Martino Ciano
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