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Muoiono i testimoni diretti e i sopravvissuti dell'Olocausto, e le generazioni successive ne svelano le storie, ne raccontano le vite e le morti; ripercorrono le radici e danno loro continuità. È come un incantesimo sulla posterità, un incanto implicito e magnetico del quale non ci si può disinteressare; non si smetterà mai di cercare, ricordare, di parlarne e di scriverne. E nemmeno di leggerne, a prescindere dal 27 di ogni gennaio. L'unica cosa immortale che esiste nel mondo è il racconto, e la parola. «Capii che ci sono dei vuoti che nessuno sforzo di immaginazione può riempire. Eppure, quei vuoti vanno riempiti. Se no che ci facciamo in questo mondo, noi figli della Shoah?» Goldkorn fornisce - attraverso ricordi personali, riflessioni e opinioni forti - un quadro lucido, limpido e scorrevole, pur nella sua drammaticità, delle faccende note e meno note riguardanti Shoah, ebraismo e sionismo. «Per raggiungere Bełżec si attraversa la Galizia, la regione settentrionale dell’Impero austroungarico, patria di molte comunità ebraiche; zona disseminata di centinaia e centinaia di shtetel, piccoli borghi dove la maggioranza della popolazione parlava lo yiddish, frequentava la sinagoga, celebrava le feste ebraiche, mangiava secondo le regole casher, dove i maschi portavano la barba, le donne sposate si radevano i capelli e si coprivano la testa con un fazzoletto; dove contrariamente alla nostalgica vulgata non regnava antica saggezza ma si viveva nell’ignoranza, nella sporcizia, nella disperazione: dove le donne, oppresse e umiliate, sognavano di fare le serve a Varsavia o a Leopoli o a Cracovia, pur di allontanarsi dalle imposizioni dei maschi anziani, barbuti, ignoranti; e da dove chiunque avesse un minimo di intelligenza, quindi prima di tutti le donne, cercava di fuggire.» Un punto di vista laico ed estremamente efficace che è stato poi ripreso e arricchito, in modo più romanzato, dal successivo L'asino del Messia.
per me è un libro assai interessante spiega molto bene come l'odio anti-ebraico sia caratteristica anche di molti polacchi (e di molti altri popoli slavi: infatti 'pogròm' è parola russa...) e di molti comunisti
Libro piccolo e perfetto: autobiografico, didattico e di alto valore etico. Spero che lo leggano in tanti perché è agevole, misurato, scritto in maniera ricca e allo stesso tempo semplice (la sua caratteristica principale). Ma è soprattutto nei tasselli storici e aneddotici scelti per costruire la sua trama (narrativa e di pensiero) che questo libro spicca tra altri (biografici, storico-politici, di narrazione in generale). I motivi della sua importanza sono principalmente tre. 1 - Goldkorn è nato in Polonia e lì ha vissuto fino a circa venti anni, prima di emigrare in Israele e poi stabilirsi definitivamente in Italia. Dunque per almeno metà del libro si parla della Polonia post-bellica e soprattutto delle assurde vicende dei suoi cittadini, ebrei e non, sia sotto il regime sovietico che durante la guerra nazista. 2 - Quel che l'autor racconta e le riflessioni che fa sono interessanti in ogni dettaglio. Si sente l'influenza di Kapuściński; è imprescindibile la presenza di Marek Edelman, del quale G, torna a dichiararsi allievo di vita, e, accanto a Edelman, emerge pure l'ombra e la lezione di Primo Levi, sia nei ragionamenti sull'uso etico e politico della memoria, sia su quelli circa i ruoli individuli nello schema vittima\carnefice\male. G. ci offre un certo numero di elementi sui quali riflettere seriamente, perfino serenamente e (ho immaginato leggendo) durante il corso di chiacchierate semplici e quotidiane, magari in famiglia (di fatti il racconto si svolge quasi tutto in "famiglia"). Ci dà argomeni, un metodo e l'atmosfera. 3 - La storia del '900, i fatti della Shoah, i razzismi, l'odio verso i poveri e i derelitti, l'uso politico ed etico della memoria, l'impegno di ognuno di noi nel cotrastare i soprusi e le vessazioni contro i popoli e le persone vittime di azioni di convenienza della mala politica, della mala economia e e della mala ideologia: di queste cose, "Il bambino nella neve" racconta, infine, alcuni angoli e scorci rinfrescati o nuovi.
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