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Anno edizione: 2017
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Un bel giallo da un altro scrittore francese che si aggiunge degnamente alla nutrita schiera di autori come Michel Bussi, Guillaume Musso e Pierre Lemaitre. Interessante il contesto del libro dove gli aspetti sociali come crisi economica e disoccupazione si intrecciano con la trama gialla. 4 stelle tutte meritate.
Recensioni
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Nell’estremo nord della Francia, da anni colpito da una durissima crisi industriale, una ragazza viene ritrovata morta. Di primo acchito sembrerebbe un normale regolamento di conti legato alla droga, ma qualcosa non torna. La vittima aveva chiesto un prestito a un sito Internet che chiede poche garanzie ma manda i suoi picchiatori a riscuotere i debiti puntualmente. Tutti ritengono colpevoli i detestati Freddie e Gigi, noti per i metodi brutali con cui minacciano i cattivi pagatori. Perfino il commissario di divisione Delcroix lo definisce «un caso da poco, nulla di straordinario».
Indagano due poliziotti dai caratteri molto diversi tra loro: Erik, abituato a muoversi sul campo in modo più che disinvolto, al limite dell’illecito, affidandosi al suo istinto, e la nuova arrivata, Saliha, che al contrario punta molto sul lato razionale. Per Erik si tratta di una punizione voluta da Delcroix, quasi di un declassamento rispetto alle inchieste ad alto livello di cui si è occupato con successo in precedenza. Eppure, dietro un crimine così ordinario per i suoi standard, si cela una trama molto più complessa che non ha nulla da invidiare alle retate in grande stile. Scavando con pazienza nel passato collettivo locale, quando ancora la grande industria dava lavoro a tanti operai, riemergono conflitti irrisolti destinati all’oblio ma indispensabili per capire il presente e per rimettere in ordine i tasselli che conducono alla soluzione.
Basterebbe descrivere il paesaggio della zona di confine tra Francia e Belgio per rendersi conto che Emmanuel Grand, al suo secondo romanzo con I bastardi dovranno morire, non ha forzato la mano per ambientare il suo noir. È una terra fredda e desolata, buia anche dal punto di vista atmosferico, che allo stesso tempo reca i segni dell’abbandono produttivo e della rassegnazione dei suoi abitanti. L’impietoso ritratto della regione offre lo spunto per un intreccio impeccabile per eleganza e imprevedibilità, di cui non riveliamo altri dettagli ma sempre a debita distanza dai discorsi politicamente corretti. Saliha, donna, giovane e di origine algerina (cosa che non passa inosservata in paese), fatica a entrare in sintonia con il collega Erik, che non disdegna l’alcol e le donne a pagamento (cosa che gli è costata la lavata di capo del suo superiore). Due approcci al lavoro del poliziotto diversi ma complementari, su cui l’autore gioca abilmente tenendoci sulla corda fino alla fine. Non è detto che la ragione stia da una sola parte. Come il braccio e la mente, azione e riflessione si rivelano entrambe determinanti.
«Saliha diffidava delle premonizioni come della peste. Troppe volte aveva visto semplici intuizioni inquinare il corso delle inchieste, impulsi emotivi spingere i giudici nei meandri dei loro fantasmi.»
«Quella ragazza aveva un gran bel temperamento. Niente male. Ma questo non gli avrebbe impedito di certo di condurre a modo suo l’inchiesta, come aveva sempre fatto, seguendo il suo intuito.»
Recensione di Damiano Latella
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