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Anno edizione: 2021
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I bastardi vanno all’inferno è tra i più noti romanzi di Frédéric Dard, storia scritta prima per il teatro, poi approdata sul grande schermo e infine divenuta romanzo. Un noir senza tempo, un’indagine impietosa sulla natura umana.
«Il maestro francese del noir» - The Observer
«Prolifico come l'amico Simenon, paragonato a Céline per la lingua innovatova: Frédéric Dard è un autore tutto da rileggere. Magari iniziando da questo durissimo noir» - Giancarlo De Cataldo, Robinson
«L'erede di Georges Simenon» - Le Figaro
«Frédéric Dard, il più pacifico tra i tormentati, il più dolce tra i violenti, il più felice tra i devastati» - France Culture
Quella mattina il cielo era bianco. Un cielo che poteva invogliare gli uomini a ripartire da zero. O a farla finita una volta per tutte.
Il destino, in fondo, è l’ironia della vita, sono i suoi colpi bassi. Anni Cinquanta, un luogo imprecisato nel Sud della Francia. Sono chiusi nella stessa, minuscola cella. Sono due uomini agli antipodi. Il primo è una spia, il secondo un poliziotto sotto copertura con il compito di scucire informazioni al compagno di galera. Entrambi hanno molto da nascondere e non possono sbagliare una risposta. Questo rapporto teso, nutrito dal sospetto e in bilico tra calcolo e aggressività, si complica quando Frank e Hal sentono emergere, inaspettatamente, qualcosa che somiglia a un’amicizia, un desiderio, quasi loro malgrado, di affidarsi l’uno all’altro. Nel momento in cui decidono di evadere la loro sorte sembra segnata, ma l’entrata in scena di Dora, una bionda enigmatica in cui incappano durante la fuga, cambierà tutto. Perché, rinchiusi tra quattro mura, tutti gli uomini finiscono per assomigliarsi. E una volta fuori, chi può dire quale dei due sia il poliziotto e quale la spia?Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Il libro parte con una buona idea ma non viene sviluppata appieno: la storia potrebbe essere approfondita e ne potrebbero scaturire tanti colpi di scena ma in realtà non succede nulla di interessante. Peccato
Devo dire che purtroppo ho provato una forte delusione nella lettura di questo romanzo. Dopo l'ottimo "Il Montacarichi" in cui la costruzione della storia era semplicemente perfetta con un finale e dei personaggi azzeccati ed in puro stile noir, questo "I bastardi vanno all'inferno" l'ho trovato piuttosto debole di trama, con personaggi piuttosto scialbi e soprattutto con dei dialoghi molto poco naturali e quasi macchiettistici. Il finale poi non mi ha convinto affatto. Mi riservo di leggere "Gli scellerati" sperando in qualcosa di meglio e che "Il Montacarichi" non rimanga un episodio isolato.
Un libro particolare, da leggere anche se alla fine le mille e mille contraddizioni del rapporto tra i due personaggi portano allo sviluppo di una sorta di odio-amore verso le vicende narrate. E' vero, ricorda Simenon: ricorda, ma un po’ da lontano…
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
“I bastardi vanno all’inferno” è un noir veramente “nerissimo”, come gli “otto giorni lenti e scuri come la più buia delle notti”, che i protagonisti trascorrono in cella di isolamento e come tutti i giorni e le notti che si susseguono inclementi nell’anonimo carcere, nel sud della Francia, in cui sono rinchiusi.
Hal e Frank, una spia e un poliziotto sotto copertura che ha il compito di estorcergli informazioni. Ma chi è chi? Non lo sappiamo, ma, personalmente, ho smesso di chiedermelo dopo poche pagine, trasportata nell’atmosfera tetra della prigione, in un mondo intriso di crudeltà disumanizzante, in cui il vero fulcro della storia diventa la relazione tra i due prigionieri, che si sviluppa indipendentemente dal loro ruolo iniziale.
Il racconto è breve, intenso e crudele nel suo mettere a nudo la fragilità umana e il lato oscuro di ognuno e la ferocia di un rapporto che la cattività rende sempre più stretto e in cui il bisogno dell’altro e l’istinto di sopravvivenza sconfinano continuamente l’uno nell’altro.
Dard sonda sapientemente l’animo umano, non solo attraverso i personaggi principali, ma affiancando loro comprimari inusualmente “concreti”: primo tra tutti “il Fetente”, compendio di sadismo e perfidia in aperto contrasto con la delicatezza dei fiori che mastica per vezzo e che quasi buca la pagina, per arrivare davanti agli occhi del lettore con la stessa potenza di un ritratto dipinto su tela. E che dire del Muto, che trasmette angoscia con la sua sola presenza continua, discreta e silenziosa, con lo stesso effetto di una disperazione gridata al vento a pieni polmoni?
Tante le suggestioni, dalla sensazione claustrofobica quasi kafkiana della prigionia, all’inevitabile ricordo del Robinson Crusoe di Defoe e la Tempesta di Shakespeare, che fanno di questo romanzo una perla nella produzione di un autore prolifico e irrinunciabile.
“I bastardi vanno all’inferno” è un noir veramente “nerissimo”, come gli “otto giorni lenti e scuri come la più buia delle notti”, che i protagonisti trascorrono in cella di isolamento e come tutti i giorni e le notti che si susseguono inclementi nell’anonimo carcere, nel sud della Francia, in cui sono rinchiusi.
Hal e Frank, una spia e un poliziotto sotto copertura che ha il compito di estorcergli informazioni. Ma chi è chi? Non lo sappiamo, ma, personalmente, ho smesso di chiedermelo dopo poche pagine, trasportata nell’atmosfera tetra della prigione, in un mondo intriso di crudeltà disumanizzante, in cui il vero fulcro della storia diventa la relazione tra i due prigionieri, che si sviluppa indipendentemente dal loro ruolo iniziale.
Il racconto è breve, intenso e crudele nel suo mettere a nudo la fragilità umana e il lato oscuro di ognuno e la ferocia di un rapporto che la cattività rende sempre più stretto e in cui il bisogno dell’altro e l’istinto di sopravvivenza sconfinano continuamente l’uno nell’altro.
Dard sonda sapientemente l’animo umano, non solo attraverso i personaggi principali, ma affiancando loro comprimari inusualmente “concreti”: primo tra tutti “il Fetente”, compendio di sadismo e perfidia in aperto contrasto con la delicatezza dei fiori che mastica per vezzo e che quasi buca la pagina, per arrivare davanti agli occhi del lettore con la stessa potenza di un ritratto dipinto su tela. E che dire del Muto, che trasmette angoscia con la sua sola presenza continua, discreta e silenziosa, con lo stesso effetto di una disperazione gridata al vento a pieni polmoni?
Tante le suggestioni, dalla sensazione claustrofobica quasi kafkiana della prigionia, all’inevitabile ricordo del Robinson Crusoe di Defoe e la Tempesta di Shakespeare, che fanno di questo romanzo una perla nella produzione di un autore prolifico e irrinunciabile.
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