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Piuttosto arduo recensire l'album ultimo dei Beatles, considerati i fiumi di inchiostro già usciti dalla penna di autori ben più blasonati di me. Mi soffermo quindi sul contenuto di questo cofanetto Deluxe, pubblicato in occasione del cinquantesimo anniversario dall'uscita del doppio vinile, noto a tutti come "White Album", avvenuta il 22 novembre 1968. Oltre ai due dischi universalmente conosciuti, rimasterizzati per l'occasione, il cofanetto contiene un terzo CD con i cosiddetti "Esher Demos", ed è corredato da due Booklet. Il primo di questi contiene fotografie e testimonianze diverse, tra cui spicca quella in apertura a firma di Paul McCartney. Il secondo opuscolo è invece dedicato ai testi delle canzoni. Nel maggio 1968 i Beatles si trovarono a Esher, nella casa di George Harrison, per provare alcune nuove canzoni. Provenivano dal noto viaggio in India e avevano deciso di registrare i brani in vista del rilascio di un nuovo album. A proposito di queste registrazioni circolano voci contrastanti che vociferano della ipotetica assenza di Ringo Starr e dell'utilizzo di incisioni individuali poi sovrapposte. Tutto ciò ha creato un alone di leggenda attorno alle Esher Demos, presentate in questo cofanetto. Devo dire che dal loro ascolto, al di là di quanto si dice, emerge tutta la bravura dei Fab Four. Una vera e propria versione acustica dei brani presenti nell'album finale, con le sole voci di John, Paul, George e Ringo, senza cori aggiunti o apparenti sovraincisioni di studio. Quattro straordinari musicisti che suonano, fischiettano Piggies, commentano qualche canzone, talvolta sbagliano. Probabilmente l'acquisto del cofanetto vale anche per la presenza di questo terzo CD, in cui alcune canzoni sono vere e proprie chicche. A volte più belle dei brani poi incisi in studio. Un piccolo tesoro, anche per chi possedesse già una delle tante versioni uscite dopo quel lontano novembre del '68.
Con il contributo anche di molti brani composti durante il loro soggiorno presso l'ashram himalaiano del Maharishi, nacque il doppio "The Beatles" (soprannominato "White Album" per la copertina completamente bianca, ideata dall'artista Richard Hamilton), uscito nel novembre del '68. Nel disco è evidente come il gruppo stesse perdendo la sua coesione, in quanto ogni brano riporta l'identificabile cifra stilistica del suo autore, ma anche in positivo il prepotente emergere come compositore di George Harrison (sua infatti la notevole "While My Guitar Gently Weeps", che si segnalò anche per l'inedita presenza alla chitarra solista di Eric Clapton) al pari di alcuni dei più bei pezzi mai scritti dai Beatles. "The Beatles" è uno degli album più variegati del gruppo, visto che nel gran numero di brani al suo interno si trovano i vari temi della carriera beatlesiana, sia il suono delle ballate tipicamente "beatlesiane" sia quello della pura sperimentazione. È Paul a dare inizio alle danze con "Back In The USSR", pezzo decisamente rock'n'roll così come "Birthday" che apre il secondo disco. Sono sue anche la filastrocca "Obladi Oblada", "Honey Pie", la splendida "Blackbird" (ispirata alla lotta per i diritti civili), "Martha My Dear", "Mother Nature's Son", la country "Rocky Raccoon", la ballata acustica "I Will" e il rock violento di "Helter Skelter" e "Why Don't We Do It In The Road". "Dear Prudence", "Glass Onion" e l'ironica "The Continuing Story of Bungalow Bill" sono invece di Lennon, così come "Happiness Is A Warm Gun", collage di tre temi musicali diversi e censurata dalla BBC. Sempre di John sono "I'm So Tired", "Julia" (dedicata alla madre), "Yer Blues", "Everybody's Got Something to Hide Except Me and My Monkey", "Sexy Sadie", "Revolution 1" (versione acustica della Revolution uscita su 45 giri), "Revolution 9" e "Cry Baby Cry". "While My Guitar Gently Weeps", "Piggies", "Long Long Long" e "Savoy Truffle" (sulla passione di Clapton per i dolci) sono di George. "Don't Pass Me By" è interamente di Ringo.
La grandezza del disco bianco sta nel fatto di rappresentare ancora oggi, un vero e proprio grande "contenitore" di idee e di linee musicali talmente diverse fra di loro, da attribuire al disco il fascino proprio della sua "non unitarietà". Siamo lontani dalla immensa produzione del sgt.pepper e più vicini alle sonorità di abbey e di let it be, ovvero con i fab four ognuno per direzioni proprie. Ma il fascino del "withe" è incredibile, ogni brano unico e con una storia diversa: il rock tirato di "Helter skelter", la morbida poesia di "julia", l'esperienza di "revolution", la struggente "while my guitar.." ed il saluto di "good night" che ancora oggi commuove anche me. Vi prego fate in modo che il disco bianco trovi posto nel vostro scaffale, giusto lì accanto alla Treccani......
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