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Capolavoro. Non si può definire in altro modo. Per i ritratti dei personaggi, per lo studio psicologico di ciascuno, anche dei più spregevoli, per l'attenzione ai particolari narrativi. E anche alla storia in se' con sorpresa finale. Anche se la vicenda dei servizi segreti è solo un McGuffin, di hitckockiana memoria. Però l'incarnazione dei soggetti negli eventi resta mirabile. Il più bel libro letto quest'anno, tra i primi in assoluto Voto 10
Un libro meraviglioso. Personaggi e trama fantastici, un romanzo che ti entra dentro e che non vedi l'ora di continuare a leggere.
Berta Isla è una sorta di summa di tutta la scrittura di Marias. Non manca niente: c'è lo spionaggio, ci sono i segreti (molti!), c'è uno strano ma intenso rapporto fra coniugi, c'è Madrid, c'è Oxford, ci sono gli abbandoni e ci son i ritorni. Berta è la protagonista di questo romanzo forse solo nel titolo, lei resta sullo sfondo, anche se è lei a decidere le sorti della storia, alla fine. Suo marito, il protagonista, è, invece, il prototipo del protagonista di Marias: estremamente abile, multilingue, colto, vittima di un inganno, portatore di molti segreti, spia. Il libro è scritto nel solito travolgente stile di Marias, con i suoi lunghi paragrafi, quasi dei flussi di coscienza rielaborati in prosa artistica. Un'ottima lettura, quasi rassicurante per chi ama Marias e vuole ritrovare in un libro tutti gli elementi della sua poetica.
Recensioni
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«Il mondo non lo alterano certo la nostra soppressione o la nostra nascita, il nostro lento percorso, la nostra esistenza, la nostra fortuita comparsa e il nostro inevitabile annullamento. E non lo altera alcun fatto, alcun crimine commesso o sventato, alcun avvenimento. […] Non importa, non può mancarci quello che non è successo.»
La conversazione tra Wheeler, professore ad Oxford, e Tom racchiude il senso profondo dell’ultimo lavoro di Marías. Più che un dialogo, uno squarcio. Sulla vacuità dell’essere, sulla bellezza della possibilità, sull’eternità dell’irrealizzabile. Su di noi.
Berta Isla, l’ultimo libro di Javier Marías , ha vinto il “Premio la Lettura”, organizzato dall’omonimo inserto culturale del Corriere della Sera. Il romanzo, edito da Einaudi, ha tratto nuova linfa vitale dai riconoscimenti che ha vinto (è stato premiato anche da “Babelia”, l’inserto di El Pais), incuriosendo un numero ancor maggiore di lettori. Tra questi, lo ammetto, ci sono anche io, stimolato da un’opera decisamente atipica, di un autore un po’meno popolare di altri scrittori spagnoli come Montalbán o Zafón.
Per la maggior parte del romanzo, la storia è raccontata in prima persona da Berta, giovane donna madrilena che, per periodi di tempo indefiniti, è costretta a vivere lontana dal marito, Tom Nevinson. Sulla carta risulta lavorare per un ente anglo-spagnolo a Oxford, nel Regno Unito. La realtà, invece, è molto più oscura e terribile. Nonostante l’assoluta centralità della moglie, delle sue riflessioni che scaturiscono senza soluzione di continuità tra un dialogo e l’altro, la protagonista assoluta del racconto è l’attesa: dell’amore vissuto, dell’amato lontano, di una vita insieme che sia piena e soddisfacente.
La materia narrata, i dialoghi, gli ambienti sono una parte infinitesimale se confrontate con il ruolo predominante del pensiero con cui Berta cerca di comprendere la realtà e che scaturisce proprio dalle infinite attese del marito. Nel romanzo di Marías la Storia (con la “s” maiuscola) e le storie dei singoli si intrecciano per dare vita ad un mosaico complesso e raffinato, in cui i maggiori avvenimenti del secondo novecento spagnolo ed europeo vengono analizzati con assoluta criticità ma anche con una vena di rammarico. La morte di Franco, la guerra delle Falkland, il terrorismo dell’IRA, la guerra fredda sono solo alcune delle tematiche che, tramite le parole e i pensieri di Berta, l’autore fa arrivare al lettore. Berta Isla parla anche di incomunicabilità, dell’incapacità di giungere alla conoscenza profonda dell’altro, sempre lontano, irraggiungibile.
di Stefano Eliseo
Si ringrazia il Master Booktelling
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