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Osamu Tezuka è uno dei più grandi narratori del Novecento, ed è davvero un peccato che in Italia (e, in generale, fuori dal Giappone)non abbia la fama e il pubblico che merita. Black Jack è forse la sua opera più rappresentativa: attraverso le vicende di un medico apparentemente crudele e avido, ma in realtà gentile con i deboli e spietato con i potenti e arroganti (non ultimi, gli appartenenti a quella classe medica di cui si rifiuta di far parte), Tezuka illustra la vita di innumerevoli persone nel loro momento più drammatico, la malattia, in cui sono messe a nudo e imdifese e quindi capaci di rivelarci le loro emozioni e debolezze più profonde. Storie tristi, storie a lieto fine, storie piene di speranza o desolatamente disperate: in Black Jack è racchiusa l'essenza della vita, raccontata con semplicità e poesia da un vero Maestro.
Recensioni
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Verso la fine degli anni sessanta, Osamu Tezuka concluse la produzione di manga per bambini distaccandosi così dalle opere precedenti caratterizzate da personaggi che manifestavano un atteggiamento razionale e armonico nei confronti della vita. L'autore aveva infatti perso fiducia negli "eroi della giustizia" e nella società che, benché quel periodo fosse particolarmente florido per l'economia nipponica, non sembrava in grado di superare le proprie debolezze e contraddizioni, e anzi, accecata dal consumismo, lasciava emergere gli aspetti più oscuri dell'uomo. Da qui la scelta di creare personaggi la cui morale si discostasse notevolmente dall'etica dello stato, come appunto Black Jack - eroe eponimo della serie pubblicata tra il 1973 e il 1978 - un medico che vive nella clandestinità, non avendo mai superato l'esame di abilitazione, e che chiede ingenti quantità di denaro per curare il paziente, perseguendo dunque una propria morale che lo porta a essere considerato quasi alla stregua di un criminale. Nel susseguirsi dei vari episodi, la struttura di fondo rimane la stessa: all'inizio del racconto viene inquadrata la scena di un incidente in cui un personaggio rimane gravemente ferito, e per guarire o sopravvivere ha bisogno del miracoloso intervento del chirurgo. Anche lo stile di Tezuka aveva subito una metamorfosi: atmosfera più cupa resa tramite l'utilizzo, prima limitato, di retini e ombreggiature, riduzione delle gag e maggiore propensione a un disegno realistico, che ricalca il gekiga (il termine composto da due ideogrammi, geki , che significa "violento", e ga , "dipinto", può essere tradotto come "disegno a carattere drammatico"). Nonostante l'aspetto poco rassicurante del personaggio, volto sfregiato da una cicatrice, sguardo penetrante e inquieto, vecchio soprabito nero, il pubblico nipponico rimase affascinato dal freddo umanitarismo che lo induce a lasciarsi coinvolgere nella vita delle persone che incontra, mantenendo tuttavia il giusto distacco tra medico e paziente: Black Jack, infatti, sa che deve allontanare l'attenzione dal corpo malato del paziente, nel corso della sua attività professionale ha imparato che la medicina, come ogni altra scienza, è imperfetta, e dunque non è sempre possibile raggiungere i risultati sperati. Talvolta è meglio intervenire brutalmente e amputare gli arti del ferito piuttosto che cercare di salvarlo e rischiare così anche la sua vita. Fu proprio la caratterizzazione psicologica di un personaggio così poco rassicurante a rendere Osamu Tezuka il mangaka più famoso del Sol levante.
Marco Milone
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