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in sintesi: una schifezza. Insulso e anche noioso. Assolutamente agli antipodi del primo che invece mi è piaciuto molto.
Per nulla all'altezza del primo episodio, che eppure si muoveva costantemente su due piani paralleli ma con alcuni limiti rilevantissimi, condivisi anche da questo sequel. Un figlio ereditava dal padre il potere di modificare il decorso storico degli eventi, un talento soprannaturale apparentemente ingestibile e dunque considerato maledetto. Tentativo dopo tentativo, il giovane protagonista cercava d’assurgere al ruolo del Figlio in grado di riparare i guasti del Padre, i danni d’un Dio creatore dimostratosi “funesto demiurgo”. L’aspetto cristologico diventava evidente nella scena ambientata in prigione, quando egli, per convincere il compagno di cella fervente cristiano, si faceva spuntar fuori delle pseudostimmate. Il peccato d’origine sarebbe consistito in quello biblico dell’essere tentati dalla e con la seduzione femminile. L’“happy end” era però irrisorio: veniva riscritta in meglio la storia, ma non al Meglio né la Storia, e ancora una volta mediante la strategia d’una seconda chance ottenuta col sacrificio d’un viaggio indietro nel tempo con annesso obbligo di rivivere il passato. L’effetto domino o a cascata restava confinato nell’asfittica cerchia ristretta dei conoscenti del “novello Adamo” (cf. 1Corinzi 15, 45), senz’alcuna ricaduta dal locale al globale e al cosmico. Paradosso insostenibile, per un film proprio sull’"effetto farfalla" di Lorenz.
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