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Ingredienti: un omicida quasi involontario costretto ad una vita errante, un viaggio attraverso tutti gli episodi più celebri del vecchio testamento, un dio rancoroso, invidioso e vendicativo che interviene nelle vicende umane, un esercizio letterario su temi noti traboccante di stile, profondità, ironia e lucidità. Consigliato: a chi vuol rileggersi la Bibbia da una prospettiva poco divina ma molto umana, a chi vuol trovare un finale diverso (e più originale) al diluvio universale.
Attraverso un viaggio che trascende i canoni del tempo Caino ripercorre gli episodi più significativi dell'antico Testamento, puntando il dito contro un Dio che non è padre caritatevole, ma sovrano capriccioso sordo alle richieste di quanti lo invocano. Da qui l'incomunicabilità tra Dio e gli uomini che percorre tutto il racconto, narrato con leggerezza e culminato con la vendetta del ribelle Caino nei confronti di Dio che tuttavia non da risposte, il conflitto che rimane irrisolto.
Libro scritto magistralmente, come ogni sua opera peraltro. Posso capire il fastidio arrecato ad alcuni lettori Cattolici, ma dopotutto l'anticlericalismo di Saramago è cosa nota, dunque a questi lettiri consiglio di astenersi dalla lettura
Recensioni
Satira religiosa, realismo magico o blasfemia? José Saramago, il premio Nobel per la Letteratura nato in Portogallo e auto esiliatosi sull’isola di Lanzarote per evitare lo scontro con la chiesa cattolica lusitana, torna a parlare di religione. Nel 1991 aveva già pubblicato Il vangelo secondo Gesù Cristo, un romanzo che reinterpretava dal punto di vista storico tutte le vicende narrate nel Nuovo Testamento. Così la nascita di Gesù, la sua adolescenza, il rapporto con la Maddalena e persino il rapporto con dio venivano presentati secondo un’ottica dissacrante e sovversiva, razionalizzando gli eventi sovrannaturali e attribuendo ai personaggi i vizi, le passioni e i difetti di ogni uomo. Oggi, a distanza di vent’anni, Saramago torna a parlare di quel dio ingiusto e vendicativo e per farlo utilizza uno dei personaggi più bistrattati dell’Antico Testamento: Caino. Il secondogenito di Adamo ed Eva, è l’archetipo dell’assassino, che per invidia nei confronti di un fratello mite e amato da dio, si arma e sferra contro suo fratello un colpo mortale.
Il signore condannerà Caino ad errare come un vagabondo per i deserti della terra, ma prima segnerà la sua fronte con un marchio, un monito lanciato a tutti coloro che lo incontreranno perché non lo uccidano e non compiano la vendetta che dio stesso ha deciso di evitare. Uno degli episodi fondanti della religione e della morale cattolica, quello da cui sorge il rimorso per il peccato e il senso di fallibilità umana, diventa il perno intorno a cui Saramago ribalta completamente gli eventi biblici. Si scopre allora che Caino è un agricoltore altrettanto mite e servizievole di Abele, deriso e ignorato da dio arbitrariamente. Si comprende come l’ubbidienza cieca dell’uomo nei confronti del suo dio, è un giogo sulle spalle di molti uomini di fede, incapaci di contrastare la volontà di una divinità capricciosa ed arrogante.
Caino, invece, tratta il suo creatore come un essere alla pari, lo contesta punto su punto, lo sfida e poi deluso lascia la sua strada per vagare nel mondo. E in queste pagine ostiche, pregne di significato, scritte con una prosa complessa e piena di rimandi, c’è tutta la parabola dell’uomo errante, che vaga nello spazio e nel tempo, ma anche, secondo l’etimologia, commette degli errori. Caino dubita, cade e si rialza, contesta quello che vede e affronta l’ineluttabile. Rappresenta l’uomo in rivolta contro la divinità, attraverso un dialogo sprezzante e oltraggioso in cui i ruoli finiscono per confondersi. In sella a un mulo, che arranca sulle pendici dei monti e attraversa i deserti, il giovane Caino conoscerà la lascivia alla corte della regina Lilith, la compassione nel braccio teso di Abramo sulla testa di suo figlio Isacco, ma anche la furbizia degli angeli, i sotterfugi e le trame degli abitanti di Babele e la sorte infausta toccata alla città di Sodoma. Al di sopra di tutto, c’è l’immagine di un dio pronto a punire, ma mai altrettanto rapido ad evitare che il peccato venga commesso. Un’ingiustizia che tutti vedono, ma che solo uno ha il coraggio di dire in faccia al signore. Ed è la ribellione del figlio a causare le ire delle autorità ecclesiastiche di ieri e di oggi. José Saramago è empio e sacrilego quando nel suo romanzo dà voce al giudizio della creatura sull’operato del suo creatore e giudice:
- Sono il signore sovrano di tutte le cose
- E di tutti gli esseri, dirai, ma non di me e della mia libertà.
- Libertà di uccidere
- Come tu sei stato libero di lasciare che uccidessi Abele quando era nelle tue mani evitarlo. Sarebbe bastato che per un attimo abbandonassi la superbia dell’infallibilità che condividi con tutti gli altri dei, sarebbe bastato che per un attimo fossi realmente misericordioso, che accettassi la mia offerta con umiltà… Gli dei, e tu come tutti gli altri, hanno dei doveri nei confronti di coloro che dicono di aver creato.
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