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Ottimo. Per non dimenticare!
Pessimo. Farsopoli.
Di certo rimarrà deluso chi si aspettava un’accurata descrizione di tutte le nefandezze calcistiche che hanno generato lo scandalo descritto nel libro. Non si tratta di un testo sportivo, ma si è cercato di mettere in luce l’aspetto politico della questione. Ne è venuto fuori un buon lavoro ove viene offerta l’ennesima dimostrazione storica del classico gattopardismo tutto italiano. Come a voler eseguire a ritroso il viaggio dantesco, si parte dalle intenzioni nobili di riformare un sistema marcio fino al midollo, per poi assistere alle mille macchinazioni per restaurarlo senza quasi nessuna variazione. E’ sorprendente alla fine constatare quanto questa discesa sia stata inesorabile, metodica e triste; sotto questo aspetto gli autori non hanno risparmiato nessuno. Bene. Alla fine il calcio quasi quasi appare un pretesto per parlare d’altro, della solita tendenza italiana a preservare gli interessi dei centri di potere, sempre più cristallizzati nella loro supremazia, sacrificando il bene collettivo, non solo di sportivi o semplici appassionati. Certo sarebbe stato più opportuno un maggiore rigore storico degli eventi, ne avrebbe perso la fluidità apparendo meno romanzesca, ma sarebbe aumentato il valore saggistico.
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Bruno Bartolozzi e Marco Mensurati, giornalisti rispettivamente del "Corriere dello Sport" e di "Repubblica", hanno scritto un bel libro sulla tempesta che nel maggio 2006 ha investito il mondo del calcio italiano, passando alla storia delle cronache giudiziarie e sportive col nome di Calciopoli. Calciopoli, letteralmente "città del calcio", riecheggia Tangentopoli, lo scandalo che nel '92 travolse l'intera Prima Repubblica. Ma mentre nella politica quasi tutto cambiò, nel più grande scandalo della storia del calcio italiano si è persa l'occasione di uscire da una degenerazione ventennale.
Bartolozzi e Mensurati ricostruiscono un duplice scandalo: quello emerso dalle intercettazioni telefoniche, secondo le quali presidenti, direttori e arbitri di serie A condizionavano pesantemente l'andamento delle partite; e quello della "restaurazione" del calcio che ha trovato sponda nella politica debole dei ministri, nei sindaci delle maggiori città, nelle inerzie del governo. I due autori mettono anche in rilievo il ruolo dei grandi potentati economici e industriali, come Confindustria, Fiat e Finmeccanica, di imperi della comunicazione come Mediaset e in ultimo del Coni, il Comitato olimpico nazionale che dello sport dovrebbe essere il primo difensore. Il libro, attraverso l'analisi dei quattro mesi da maggio a settembre 2006 (la durata del commissariamento della Figc), mette in luce "l'impossibilità del cambiamento del sistema calcio in Italia" e fa rivivere la triste storia delle rivoluzioni fallite. Dalle speranze nate con la nomina di due probi viri come Guido Rossi e Francesco Saverio Borrelli e con le prime sentenze della giustizia sportiva, si è poi passati agli sconti di pena, agli ostacoli posti alle riforme dal presidente del Coni Giovanni Petrucci, fino al ministro della Giustizia Clemente Mastella (il cui figlio lavorava come procuratore sportivo della Gea) che alla Rai difese Luciano Moggi, il grande "regista" di tutti gli illeciti. Una restaurazione favorita anche dall'euforia seguita alla vittoria del Mondiale in Germania, che ha visto infine trionfare i meccanismi di difesa di un sistema corrotto.
Un libro prezioso sui retroscena di una storia tutta italiana, arricchito dalle interviste nelle pagine conclusive al portiere Gigi Buffon, all'avvocato del Milan Leandro Cantamessa e dal colloquio finale con Guido Rossi che descrive il calcio come un "ordinamento chiuso", una "zona franca" da regole in questa "Italia dei mille Gattopardi".
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