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Calvino e il pulviscolo di Palomar - Francesca Serra - copertina
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Calvino e il pulviscolo di Palomar - Francesca Serra - copertina

Dettagli

1996
1 gennaio 1996
240 p.
9788871662428

Voce della critica


recensione di Scarpa, D., L'Indice 1996, n. 8

Il complimento migliore che si possa fare a questo libro è descriverlo. Esso è infatti un bell'esempio di "descrizione di descrizione", essendo dedicato a quel grande e - proprio così - ispirato quaderno d'esercizi che è Palomar. Il libro, uscito nel 1983 presso Einaudi, riuniva in volume le silenziose avventure e disavventure (oculari, sociali, turistiche, mentali) toccate al signor Palomar sin dall'agosto 1975, data della sua nascita sulle pagine del "Corriere della Sera". E dunque. Il libro di Francesca Serra si apre con un avantesto in due parti, documentatissimo e arricchito di tavole sinottiche. Nella prima parte si fa la cronistoria della vita cartacea del signor Palomar su giornali e riviste. Nella seconda si esamina invece il lavoro di sottrazione che diede al libro un'architettura concettuale e tipografica. Lo studio delle varianti a stampa testimonia poi come Calvino abbia perseguito precisione e chiarezza mediante una scrittura che "tende a farsi più tesa, più ricercata e limpida insieme".Il testo è diviso invece in tre parti: "Descrizione di "Palomar", ""Racconto in "Palomar"", "Meditazione su "Palomar"". La prima parte si apre opportunamente con una disamina del Dürer in copertina e delle altre soglie del libro. Si passa poi alla descrizione del signor Palomar e dei suoi appena accennati tratti psicosomatici e infine all'analisi della lingua adoperata, con la sua "metodica e didattica pratica del ricominciare". La parte dedicata al racconto comincia con una passeggiata nella biblioteca letteraria e filosofica di Calvino, si avventura sul terreno infido del rapporto tra autore e personaggio e poi percorre quel filo teso nel vuoto che sono i presupposti filosofici che fanno da sfondo al libro: livelli della realtà, dimensioni della mente e limiti della finzione letteraria.
La meditazione si apre con un opportuno richiamo al fatto che in Calvino gli strumenti epistemologici e quelli etici sono una cosa sola: esiste un modo morale di guardare il mondo, stile e impegno sono una cosa sola,dal primo all'ultimo Calvino. La conclusione del libro è duplice, affidata com'è a una riflessione sul capitolo finale di "Palomar", "Come imparare a essere morto", e a un riveder le stelle, non nuovissimo, affidato all'"utopia pulviscolare": "Può darsi che davvero Calvino, negli ultimi anni, giochi da equilibrista sul vuoto di un disperare non previsto, ma quello che interessa è, comunque, non precipitarcelo dentro, quanto piuttosto vedere come riesce a sopravviverne".Insomma, un libro molto preciso, pieno d'informazioni di prima mano, senza troppo appesantimento accademico (fa parte di una collana, "i Quaderni Aldo Palazzeschi", promossa dall'Università di Firenze), mentalmente spazioso, disseminato di sintesi efficaci e icastiche.Il fatto è che cede, come del resto il novanta per cento della critica calviniana, alla tentazione di spiegare Calvino con Calvino, di seguire girando in tondo i cartelli indicatori piantati dall'autore stesso lungo la sua opera. Ai critici di Calvino, a cominciare dal recensore e dalla recensita, è da augurare una benefica crisi calviniana, seguita da una felice rilettura con occhi nuovi e sgombri.Chi scrive su Calvino dovrebbe sentirsi costantemente puntato addosso lo sguardo di quel "morto scorbutico", il signor Palomar, che non vuole saperne di restare per sempre così com'è, chiuso in una casellina della storia letteraria e nell'esiguo recinto delle nostre opinioni critiche.

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