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Anno edizione: 2016
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«È da tanto che voglio scrivere qualcosa sulla durata, non un saggio, non un testo teatrale, non una storia – la durata induce alla poesia. Voglio interrogarmi con un canto, voglio ricordare con un canto, dire e affidare a un canto cos’è la durata. Quante volte ho avvertito la durata nei primi segni di primavera alla Fontaine Sainte-Marie, nel vento notturno della Porte d’Auteuil, nel sole estivo del Carso, nell’incamminarmi all’alba verso casa dopo un’intesa. Quel senso di durata, cos’era? Era un periodo di tempo? Qualcosa di misurabile? Una certezza? No, la durata era una sensazione, la più fugace di tutte le sensazioni, spesso più veloce di un attimo, non prevedibile, non controllabile, inafferrabile, non misurabile. Eppure con il suo aiuto avrei potuto affrontare sorridendo ogni avversario e disarmarlo e se mi considerava un uomo malvagio l’avrei convinto a pensare: Egli è buono! e se esistesse un Dio sarei stato la sua creatura finché provavo quella sensazione della durata. […] La durata ha a che fare con gli anni, con i decenni, con il tempo della nostra vita: ecco, la durata è la sensazione di vivere. Il canto della durata è una poesia d’amore. Parla di un amore al primo sguardo seguito da numerosi altri primi sguardi. E questo amore ha la sua durata non in qualche atto, ma piuttosto in una prima e in un dopo, dove per il diverso senso del tempo di quando si ama, il prima era anche un dopo e il dopo anche un prima. Ci eravamo già uniti, prima di esserci uniti, continuavamo ad unirci dopo esserci uniti giacendo così per anni fianco a fianco, il respiro nel respiro uno accanto all’altra. […] E infine: felice chiunque abbia i propri luoghi della durata! Egli, anche se venisse portato lontano senza prospettive di ritorno nel suo mondo, non sarà più un esule».
Bravo Handke. Bella e lunga poesia, degna del Nobel che l'autore ha ricevuto.
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