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Il libro, come dice Hue, per la presenza delle due lettere di Parise vale l'acquisto (voto: un punto per ogni singola lettera). Per quanto riguarda invece il resto, sono tutti scritti che compaiono in "Letteratura e salti mortali" di La Capria edito da Mondadori nel 2002 (peraltro costa pure meno e ha molte più pagine). Ribadisco: tutto il valore di questo libro-collage sta nelle due magnifiche lettere di Goffredo a Raffaele.
Per ora l'ho leggiucchiato qua e là, ma posso già dire che le due lettere di Parise valgono da sole l'acquisto. Poi mi piace molto come La Capria filtra il ricordo dell'amico; riesce a raggiungere un delicato equilibrio tra indagine critica e ricordo commosso. Un libro che aiuta davvero a entrare nell'opera di Parise: lo consiglio a tutti gli amanti dell'autore dei Sillabari.
Recensioni
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Tra Goffredo Parise e Raffaele La Capria - entrambi appartenenti alla generazione cruciale nata tra le due guerre mondiali - c'è stato un rapporto di sicuro inusuale tra due scrittori italiani. È difficile, infatti, trovare un'amicizia così piena e risonante, al cui centro non ci sono né i propri libri, né quelli degli altri. Ed è anche interessante che un veneto e un napoletano, incontrandosi nel punto mediano di Roma, riescano a stabilire un'intesa che è anche un modo di pensare reciprocamente alle proprie origini geografiche senza essere provinciali.
Di cartaceo, in questa rara amicizia, c'è davvero poco, e prevale la forza di sentimenti vibratili e imprendibili, come la gioia e la malinconia.
"Mi hai dato ciò che cercavo dagli uomini e dall'arte", scriveva Parise in una lettera spedita all'inizio degli anni settanta a La Capria da Salgarèda, la casetta nel trevigiano dove sono stati concepiti i Silllabari . E poi chiedeva al suo amico di scrivergli "del tuo doloroso capire tutte le cose".
Sono frasi di chi dà all'altro se stesso senza schermi protettivi, sapendo che queste frasi l'altro saprà eseguirsele nel modo più giusto. E soprattutto sono il segnale che per questi due scrittori la vita conta sempre più della letteratura, anche se è alla letteratura che si affida la possibilità quotidiana della propria sopravvivenza dopo la morte.
Anche a quelle frasi, La Capria risponde con questo suo piccolo Caro Parise , un libro che si è quasi scritto da sé, nell'accumulo stratificato del tempo e cogliendo le occasione giuste per rendere omaggio all'amico. Almeno da Letteratura e salti mortali , Parise ha sempre fatto capolino nei libri di La Capria: Parise come uomo nomade e inclassificabile e Parise come autore di libri che sono andati crescendo come alberi insperati in un Novecento fatto spesso di piante di serra: Il ragazzo morto e le comete , Il padrone , i Sillabari , i reportage, Lontano , L'odore del sangue .
La Capria racconta i libri con precisione e libertà, sempre dando alle frasi lo slancio sinuoso del racconto, e non dimentica mai che, pur avendo attraversato tutte le complicazione novecentesche, la voce di Parise risuona come un monito a semplificare la scrittura senza impoverirsi. Scrivere come si parla, inventandosi di sana pianta un'oralità scritta che possa essere compresa e "sentita" da chiunque: ecco il proposito comune ai due scrittori.
Sempre più mi convinco che la nostra letteratura del Novecento sarebbe più sfaccettata e più ricca (anche di umanità) se finalmente trovasse uno spazio degno anche per poeti della quotidianità come Goffredo Parise o Raffaele La Capria. Sarebbe bello che agli scrittori dell'intelligenza, come, ad esempio, Calvino, Pasolini e Sciascia, così centrali e "canonici", si riuscisse ad affiancare scrittori dove l'intelligenza viene contemperata della sensibilità.
Ha detto Raffaele La Capria che Parise possedeva "l'intelligenza del cuore". Ma non si trattava di un cuore sentimentale, bensì di "un cuore illuminista (...) poco praticato dai nostri scrittori perché non è facile mantenersi in equilibrio sulla corda del cuore. È molto più facile camminare sulla corda dello stile".
Parole che valgono per Parise, ma si attagliano bene allo stesso La Capria. Scrivere Caro Parise è un nuovo modo di declinare quel "me visto da lui stesso" così congeniale a La Capria. Ritratto e autoritratto s'incrociano, a volte si sommano, altre si allontanano, ma sempre in una consonanza umana rara e ossigenante.
Silvio Perrella
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