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Anno edizione: 2012
Anno edizione: 2009
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recensioni di Casadei, A. L'Indice del 2000, n. 01
La prima tentazione che prende il lettore davanti alle Carte di Luigi Meneghello è quella di scegliere i passi più importanti per spiegare o comprendere meglio la sua poetica in generale, e la genesi dei suoi libri in particolare, come se questo volume altro non fosse che una sorta di brogliaccio di appunti, pubblicato dall'autore stesso anziché da un critico-filologo. In realtà, questo uso strumentale farebbe perdere di vista il valore che l'insieme dei brevi testi qui presentati può costituire, non tanto perché legati da un filo unico, quanto perché frutto di molteplici esperienze, di amicizie, di contatti o confronti intellettuali, che appunto ne formano lo sfondo comune e diciamo pure il collante.
Prima di entrare nel merito, però, bisogna discutere la decisione stessa di Meneghello di pubblicare i suoi manoscritti di pensieri, aforismi, appunti di diario e altro ancora, che, come segnala in una nota introduttiva, ha raccolto sin dal 1963, anno di pubblicazione di Libera nos a malo e di stesura dei Piccoli maestri. Per lo scrittore di Malo queste Carte costituiscono un patrimonio di idee narrative e saggistiche poi non sviluppate, ma importanti come quelle che si sono concretizzate in romanzi o saggi, tanto che ha deciso di proporle in volumi divisi per annate (questo primo arriva sino al 1969, e ne sono previsti altri due per i decenni successivi). È significativo che Meneghello non si sia limitato a raccogliere i manoscritti, ma li abbia selezionati e riadattati formalmente, mantenendo comunque il loro caratteristico status di "documento personale", di testimonianza diretta dei pensieri e dei tentativi d'autore (anche, come ci dice, di "auto-psicarsi").
E in effetti l'intero progetto di rielaborazione ha in primo luogo senso nella prospettiva dell'autore. È una sorta di biografia puntiforme quella che ricaviamo da queste Carte: il quadro, di cui sinora conoscevamo solo i tasselli compiuti e pubblicati, adesso si arricchisce di sfumature e di nuovi particolari. Il paragone con l'Entstehung, il Romanzo di un romanzo scritto da Thomas Mann per spiegare la genesi del Doktor Faustus, è solo in parte adeguato, perché in questo caso le opere edite risultano solo una delle ricadute del lavoro intellettuale e della vita pubblica e privata dello scrittore. Meneghello vuole parlarci di sé come autore potenziale, ma anche come semplice individuo che riflette, discute con amici, esprime opinioni addirittura umorali. Insomma: il versante biografico diventa qui non motivo estetico ma premessa necessaria delle opere compiute e incompiute.
Quanto sinora detto - che sarebbe opportuno confrontare con le attuali rivalutazioni dell'"autorialismo", a cominciare da quella di Carla Benedetti nel suo L'ombra lunga dell'autore (Feltrinelli, 1999; cfr. "L'Indice", 1999, n. 11) - non può esimere da un'analisi più dettagliata della raccolta, soprattutto per individuare alcuni nuclei tematici ricorrenti. Si può osservare innanzitutto che prevalgono le riflessioni su argomenti letterari, filosofici, etici o semplicemente scherzoso-paradossali: ma bisogna aggiungere che spesso queste riflessioni vengono attribuite ai parenti o agli amici (davvero personali, tanto è vero che vengono quasi sempre identificati con il solo nome di battesimo), i primi portatori di una saggezza più popolare, i secondi di un wit più colto ma mai intellettualistico. Sono le due anime di Meneghello che vengono così alla luce, quella veneta e quella inglese, e l'autore spesso commenta le affermazioni altrui guardando il côté anglosassone con gli occhi del vicentino, e viceversa.
Parecchi sono gli abbozzi di racconti o di storie che potevano essere sviluppate: già le primissime pagine sono dedicate a una donna, Sofka, rinchiusa in un convento-manicomio, la cui vicenda segnò psicologicamente il giovane Meneghello. Non veniamo a sapere molto di più, ma questo spunto ci serve già a capire un evento che ha formato l'autore, il quale non ha poi trovato modo di impiegarlo appieno, ma ha voluto porlo a esordio della sua "biografia in appunti". Gli abbozzi o i microracconti sono più frequenti nei primissimi anni (1963-65), segno forse di una stagione narrativa di alta intensità, che non si era limitata alle opere edite, ma che procedeva in parecchie direzioni, specie memorialistiche.
Non mancano gli spunti che potremmo definire di poetica, come la difesa della dignità espressiva del dialetto, che segue immediatamente la storia di Sofka. Moltissimi sono i giudizi su autori italiani (Pavese o Pasolini, ad esempio) e stranieri (Norman Mailer, James Jones e vari altri recenti), ma spesso le riflessioni riguardano opere classiche, e in questo senso sono importanti alcuni pensieri dedicati al tema della tradizione (ad esempio alle pagine 98 o 120-1), da cui si potrebbe evincere che, per ogni autore importante (e Meneghello non fa eccezione), è fondamentale lavorare sulla tradizione.
Meno frequenti, e tutto sommato indirette, le osservazioni di Meneghello sulle proprie opere, ma non per questo meno interessanti. È il caso di quelle riguardanti I piccoli maestri, disperse in mezzo ad altre, magari generate da motivi casuali, e tuttavia ricche di implicazioni. La debolezza ma insieme la forza della banda partigiana vicentina; la sua vocazione italiana e/o europea ma insieme inevitabilmente locale; l'impulso eroico ma insieme la consapevolezza di essere soprattutto uno studioso: questi e molti altri gli spunti ricavabili, da confrontarsi con quelli sulla letteratura di guerra in generale. E non sarà da sottovalutare nemmeno un'esclamazione (fra l'altro successiva a un elenco di argomenti non toccati nei Piccoli maestri) come la seguente: "Ah, se fossi un Maestro, quante cose avrei da insegnare!".
Non molti infine gli appunti di natura politica (qualcuno in più, ovviamente, nel periodo del '68), sebbene vari aforismi siano interpretabili almeno in senso morale-pragmatico. Ma la tendenza di Meneghello è piuttosto verso il divertissement anche sul versante etico-filosofico, con un gusto per la battuta che, se in qualche caso sembra soltanto scherzoso, in tanti altri lascia intravedere una finalità seria. Talora si crede di cogliere contraddizioni, che poi si rivelano più apparenti che reali: d'altronde sarebbe sbagliato cercare una struttura perfetta in questa biografia puntiforme (che peraltro, come abbiamo visto, non manca di temi ricorrenti), e bisogna invece accettarla nel suo insieme eterogeneo, come tentativo di costruire un'opera fatta di materiali ricavati dalla vita vissuta.
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