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‘Cartoline dall’inferno’, diretto da Mike Nichols nel 1966, si basa sull’autobiografia di Carrie Fisher, che ne ha seguito anche la sceneggiatura. Per apprezzare i numerosi temi affrontati in questa pellicola è davvero utile, a visione terminata, ascoltare tra i ‘contenuti speciali’ il commento della Fisher, figlia di due noti attori della Hollywood degli anni Cinquanta. La popolare Leila di ‘Guerre stellari’ non ha saputo evitare però le insidie della droga e il resoconto dei tentativi di disintossicarsi scorre parallelo a quello del rapporto conflittuale con la madre, la celebre Debbie Reynolds di ‘Cantando sotto la pioggia’. Il film ‘Cartoline dall’inferno’ è dunque focalizzato sul confronto tra madre e figlia, entrambe attrici: una bella, ma appassita Doris Mann, interpretata da Shirley MacLaine, e Suzanne Vale, cui dà corpo e voce Meryl Streep, incapace di uscire dall’ ‘inferno’ della droga. Esse vivono un’esistenza apparentemente felice nella dorata atmosfera di Hollywood, l’una rimpiangendo il successo al tramonto, l’altra cercando di procurarsi scritture, nella speranza di appagare le aspettative della madre. Nichols denuncia un mondo in cui suonano falsi i sentimenti dell’amore, come quello di Jack (Dennis Quaid) nei confronti di Suzanne, e dell’amicizia, dominati dall’etica del successo a tutti i costi. Ipocrite sono per lo più le considerazioni sui disagi psicologici, come caustici risultano i commenti che regista e costumista si scambiano nel set sul fisico di Suzanne, che li ascolta non vista. Veramente efficaci appaiono i numerosi dialoghi tra madre e figlia, in bilico costante tra l’affetto reciproco e un malinteso senso di competizione: un vero banco di prova per le due straordinarie protagoniste. Vale la pena di riguardare il film anche per la presenza di Gene Hackman nella parte dell’amico regista Lowell, che consiglia Suzanne di prendere risolutamente in mano la sua vita per emanciparsi dalla droga e dalla figura materna.
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