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Quando scende la notte, la paura riesce a farsi strada silenziosamente. Si aggrappa al lenzuolo e salta addosso all'improvviso, mozzando il respiro. La paura può farsi strada anche di giorno, in una casa sul canale. Per Edmée, giovane donna affamata di sensazioni Per Jef, sgraziato ragazzo fedele alle promesse Per Fred, piccolo uomo dall'animo egoista Simenon insuperabile. Romanzo breve, dallo splendido taglio psicologico che solo lui sa dosare alla perfezione.
Ennesimo capolavoro assoluto.
Per me i libri di Simenon hanno questa atmosfera misteriosa, quotidiana e rilassata allo stesso tempo. Rilassata solo finché non succede qualcosa per cui la vita si ribalta totalmente. Geniale e non annoia mai!
Recensioni
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«Rivedeva tutte le facce intorno al tavolo: le labbra troppo grosse di Fred, il suo volto irregolare; la fronte deforme di Jef; Mia con il suo eczema che, nonostante il seno e il resto, a diciannove anni non era ancora donna; lo strabismo di una delle bambine.»
Aidmée ha sedici anni quando rimane orfana ed è costretta a lasciare Bruxelles per vivere nelle Fiandre presso degli zii materni che neppure conosce. Qui si ritrova in una casa con abitudini di vita del tutto diverse da quelle da lei praticate fino a quel momento: noia e fatica, solitudine e rudezza nei costumi e nelle relazioni.
Esile, delicata, pallida ed elegante nei pur poveri abiti che ha portato con sé da Bruxelles, prova quasi ribrezzo nei confronti di ciò che la circonda (cose e uomini). Anche nell’aspetto esteriore Aidmée si sente diversa, e superiore, ai parenti che l’hanno accolta in casa in un momento per altro difficile della loro esistenza. Quando la ragazza giunge al villaggio è infatti appena morto (improvvisamente e del tutto inaspettatamente) lo zio, un possidente agricolo con moglie e figli di diversa età. A intrattenere rapporti con la cugina sono i due figli maschi Fred e Jef, i maggiori, e la più grande delle figlie, Mia, anche perché la zia e i bambini più piccoli non parlano il francese, ma solamente il fiammingo.
Quella casa stessa, mal riscaldata e piena di infiltrazioni d’acqua, le suscita disprezzo, come la rozzezza dei modi e dei vestiti dei parenti o il loro aspetto fisico, l’asimmetria dei volti, la testa troppo grande del cugino Jef, lo strabismo della più piccola, il viso contadino e scialbo della cugina, la volgarità del corpo e del volto di Fred, il cugino maggiore, verso il quale vive sensazioni contrastanti di attrazione e di repulsione.
Piano piano però Aidmée diventa consapevole della sua femminilità e del desiderio che sa suscitare negli altri, in particolare del potere che ha acquisito sui due cugini. Lei stessa vive pulsioni che non domina del tutto, in un risveglio dei sensi torbido e ambiguo.
La tensione narrativa cresce sempre più, in modo parallelo al pericoloso gioco che la ragazza crede di poter gestire, lei cittadina, lei colta e raffinata, rispetto ai rozzi e primitivi cugini ai quali rifiuta di concedersi, ma che costringe a “prove d’amore” sconcertanti. Eppure il dolore, il rancore sordo che domina Aidmée e che le impedisce un autentico rapporto con tutti coloro che la circondano (compreso lo zio Louis che lei reputa l’unico essere accettabile in quel posto primitivo e che tradirà, calunniandolo), si trasforma in una specie di ossessione, una rabbia chiusa che fa agire quella ragazzina infelice con sempre maggiore perfidia e le fa approntare un piano di seduzione che inevitabilmente sfocerà in tragedia. La terribile, ma ineluttabile, conclusione di questo romanzo, così come avviene in altre opere narrative non poliziesche di Simenon (ad esempio lo straordinario Fidanzamento del Signor Hire, o il contemporaneo Colpo di luna), vede la morte intrecciata inestricabilmente alla passione amorosa, che è tanto più accecante e devastante quanto più ne sono preda i deboli e i brutti, incapaci di difendersi da donne rabbiosamente infelici e, nella loro disperazione, davvero devastanti.
Aidmée non corrisponde allo stereotipo della femme fatale: giovanissima, malata e fragile, eppure è dalla sua femminilità che nasce il potere che esercita non solo sugli uomini ma su tutta la misera e rozza umanità che la circonda.
I sensi turbati rappresentano insomma ciò che destabilizza il malsano ordine della vita di una comunità contadina capace di reggersi se non vi sono elementi di rottura e soprattutto elementi esterni e disgreganti.
A cura di Wuz.it
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