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"Quando si parla di lotta armata in Italia si affronta per lo più solo la storia di alcune «organizzazioni comuniste combattenti», omettendo di riconoscere che quel fenomeno è stato di dimensioni ben più grandi, coinvolgendo migliaia di militanti dell’intero movimento rivoluzionario italiano. Il grande movimento di massa del 1977, oltre alle radicali differenze con il ’68 e la rottura con le organizzazioni riformiste, si è caratterizzato anche per il suo rapporto con la teorizzazione e la pratica della violenza politica. Il libro documenta l’enorme diffusione del fenomeno armato nel 1977, anno in cui ha vissuto un vero salto di qualità. Dalle Brigate rosse ai Nuclei armati proletari, da Azione rivoluzionaria a Prima linea, alle Unità comuniste combattenti, alle Brigate comuniste, ai Collettivi politici veneti, ai Comitati comunisti rivoluzionari e alle decine e decine di altre sigle (i «cento fuochi»), a dimostrazione della vastità di una guerriglia diffusa in tutti i territori, i luoghi di lavoro, di studio, di socialità."
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Il maggior merito dell'autore sta nell'aver consultato centinaia e centinaia di fonti, di cui moltissime primarie, e di averle utilizzate per restituire un quadro logico di un periodo e di un movimento estremamente magmatici, che spesso sfuggono ai tentativi di sistematizzazione. Peccato che tutto questo sia scritto in un orribile "movimentese settantesco" che, aggiunto alle amplissime citazioni da documenti prodotti dalle formazioni terroristiche dell'epoca, rende la lettura molto pesante, almeno per me. Sarebbe apprezzabile anche lo stile asciutto, il più possibile oggettivo, se non fosse che le vittime dei terroristi vengono raccontate sempre come tasselli di una "campagna politica", mentre le morti dei rivoluzionari no (l'uccisione di Antonio Lo Muscio è un «tragico episodio» a esempio). Opinabilissimo, soprattutto in prospettiva diacronica, anche il presentare tutto il panorama terroristico e della sinistra ultrà come «movimento rivoluzionario», senza un accenno al velleitarismo e all'inane verbiage che lo permeò fin dagli inizi. Scontati tutti questi bias, il libro rimane comunque fondamentale nella ricostruzione di quel periodo.
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