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La vicenda della scomparsa di Majorana porta l'A. ad ipotizzare la resa del geniale fisico, alle nuove tendenze della scienza, in particolare della fisica quantistica, che ben mostrano i rischi dello uso ("comandato") strumentale (bellico: bomba atomica), altresì svelando aspetti teoricamente sconvolgenti della realtà, del verificabile (empiricamente? misurandolo? lasciando perdere quali altri informazioni? e così via). Il caso e la necessità non sono antagonisti, nè incompatibili, bensì si relazionano (vedasi anche la interazione tra gli strumenti di misura e l'oggetto esaminato). Eccoci al nettare supremo di tanto elucubrare e alla vertigine del reale. Perchè cambia tutto: le cause e gli effetti, la potenza, le probabilità e il possibile, l'esperienza, il conoscibile nella statistica per prendere le decisioni in condizioni di incertezza (puntando all'eventuale guadagno più alto: vedasi l'ipotesi pascaliana sull'esistenza di Dio). La probabilità si sostituisce quindi alla realtà. Le scienze sociali e le scienze fisiche nell'analogia del metodo statistico sono davvero e come diverse? Pur nell'identità di valore e di metodo: in proposito vedasi l'esempio sulla "mortalità" degli... atomi, sic!, e degli individui. Una fine ricostruzione di Agamben, che ricorda più pensatori, sono novità rivoluzionarie, ma ancora poco spiegate se non banalizzate. Ma occorre capire, perchè siamo al finalismo, alla libertà umana, all'entropia. Infatti "non vi è nulla dal punto di vista strettamente scientifico che impedisca di considerare come plausibile che all'origine di avvenimenti umani possa trovarsi un fatto vitale egualmente semplice, invisibile e imprevedibile" così le leggi statistiche delle scienze sociali danno della realtà "una testimonianza immediata e concreta. La cui interpretazione richiede un'arte speciale, non ultimo sussidio dell'arte di governo".
Agamben inserisce la scomparsa di Majorana all’interno di considerazioni più generalmente filosofiche che ne oltrepassano la contingenza. Majorana aveva scritto un articolo, pubblicato postumo, in cui affrontava «l’abbandono del determinismo della meccanica classica a favore di una concezione puramente probabilistica della realtà», secondo le rivoluzionarie intuizioni della fisica quantistica, applicabili non solo agli esperimenti scientifici, ma anche ad altri aspetti della vita culturale, quali la statistica sociale e la politica. Probabilismo al posto del determinismo; inconoscibilità, imprevedibilità e manovrabilità del reale in uno scenario teorico inaudito e spaventevole, che postula la sua sospensione, inglobandolo nella sfera del possibile. Il filosofo romano ripercorre in un veloce excursus la strada che ha condotto il pensiero moderno ad arrendersi di fronte a una realtà non più definibile, casuale, imprevedibile; il caso e non più la necessità, il caos nel mondo subatomico, un universo dominato dall’azzardo e dalla probabilità, erano già stati presagiti da correnti filosofiche del mondo antico: Agamben le richiama, recuperando la definizione aristotelica di potenza e atto, l’atomismo di Lucrezio e il gioco dei dadi di Cardano, e poi Pascal, Bernoulli fino a Poincaré, mettendo in rilievo l’opposizione tenace di una concretissima Simone Weil, per constatare quindi che «la possibilità pura si è sostituita alla realtà e ciò che la conoscenza conosce è ora soltanto la conoscenza stessa». A tale conclusione dovette giungere anche Ettore Majorana, scegliendo «di sparire nel nulla e di confondere ogni traccia sperimentalmente rilevabile della sua scomparsa», in modo da produrre così «un evento insieme assolutamente reale e assolutamente improbabile». Il taglio interpretativo dato alla sparizione del giovane scienziato affonda nel divorante buco nero di «una domanda che aspetta ancora la sua inesigibile e, tuttavia, ineludibile risposta: che cos’è reale?»
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