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Film forte, sicuramente non per tutti. Non per chi ha pregiudizi e non ha una mente molto "aperta". E' un film drammatico, ma allo stesso tempo diventa forse in parte un thriller, dal finale inaspettato e sicuramente sconcertante. Non c'è nessuna morale, nessun giudizio, è una storia che si racconta per quello che è, anche in maniera cruda in un certo senso, e lascia lo spettatore sospeso e alla fine anche un po' turbato e disorientato, per questo mi è piaciuto, è un film che lascia un segno e che scuote. Lo consiglio.
«L’azione decisiva è il denudamento. La nudità si oppone allo stato di chiusura, vale a dire allo stato di esistenza discontinua. E’ uno stato di comunicazione che rivela la ricerca di una possibile totalità dell’essere al di là del ripiegamento su se stesso. I corpi si aprono alla continuità grazie a quegli organi celati che ci fanno conoscere il sentimento dell’oscenità». Queste parole di Georges Bataille ben si prestano a introdurre l’ultimo film di Alain Guiraudie, L’Inconnu du lac, premiato per la miglior regia nella sezione Un certain regard della 66° edizione del Festival di Cannes. L’opera, vincitrice anche della Queer Palm – premio assegnato ai film a tematica LGBT (acronimo utilizzato come termine collettivo per riferirsi a persone Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender) – ha un ordito di membra morbide, spoglie di cultura, corpi maschili, spesso policletei, resi nella loro sensualità e (re)attività sensoriale, fino all’oro dei genitali.
Un thriller gay che in certe scene oltrepassa l'erotico per giungere al pornografico. Non è tuttavia un film banale. La trama è ridotta al minimo indispensabile ma non per questo può dirsi scarna e la suspance non abbandona mai lo spettatore
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