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Amo quest'uomo c'è poco da fare. Letto con gusto e senza fretta. Me lo so assaporato pagina dopo pagina. Anche quì, quando l'ho finito, avrei voluto continuasse all'infinito. Non so se prenderò quello sulla Cappella Sistina. Ho già visto il documentario fatto da lui nella sua trasmissione (FAVOLOSO!).
Questo libro è veramente bello! Affascinante dalla prima all'ultima pagina. Quando inizi a leggerlo è come se entrassi in un modo privato, è come se stessi guardano da un porta socchiusa le immagini che si susseguono all'interno di una stanza. E' una lettura che mi ha davvero soddisfatta. Complimenti Alberto!!!!
Libro molto interessante,ben scritto e mai noioso. Ti fà comprendere quante analogie abbiano la nostra vita moderna con quella dei romani, e come con l'avvento della religione, certi temi siano diventati tabù nella nostra società. Gli antichi, sapevano godersi la vita e il sesso molto meglio di noi. Consigliatissimo !
Recensioni
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Dopo aver indagato sulle abitudini quotidiane dei cittadini nello scandire delle ventiquattro ore e aver percorso un viaggio immaginario a documentare la vita nelle diverse regioni dell’Impero, in questo libro Alberto Angela approfondisce le proprie ricerche e offre il suo personale tributo a Venere. Terzo capitolo di una collana dedicata alla storia romana, Amore e sesso nell’antica Roma ha infatti lo scopo di fugare ogni dubbio sull’amore al tempo dei Romani e spiegare ai lettori la vera natura delle relazioni fra gli abitanti dell’Impero, compresi i segreti più intimi. Come amavano i Romani? Quali erano i canoni estetici dell’epoca, quali le regole del corteggiamento? Come lo facevano? Con fare investigativo e guidato dalla curiosità Angela si spinge nei meandri più nascosti dell’universo erotico dei nostri avi e risponde a ciascuna di queste domande, talvolta rivelandoci anche verità inimmaginabili.
Così, è facile immaginare che per i Romani il matrimonio era esclusivamente un vincolo sociale e civile il cui unico scopo era la procreazione: l’amore fra i coniugi non era affatto contemplato, al contrario era percepito come una colpa, mentre la passione era una prerogativa riservata ai rapporti con le concubine, le schiave e le prostitute. Ancora, era impensabile per due innamorati scambiarsi effusioni in pubblico, regalare fiori alla propria donna o corteggiarla sfacciatamente. A tale proposito, la Lex de adtemptata del 200 a. C. tutelava l’integrità fisica e morale delle donne sposate, delle vedove e le vergini, e dei fanciulli, punendo pecuniariamente chiunque osasse toccarli con intenzioni moleste o anche solo indirizzare loro commenti volgari e ingiuriosi. La storia dimostra che lo stolking esisteva già all’epoca e che i Romani erano molto meno indulgenti di noi con chi contravveniva alle regole della morale.
Se è vero che “l’amore è il grande assente nel matrimonio romano” e che fra moglie e marito non c’erano né intimità né erotismo, è certo che entrambi ricercavano il piacere in relazioni extraconiugali. Nonostante ciò la moglie era costretta per legge (ius osculi) a baciare ogni giorno il marito sulla bocca (osculum) per provare di non aver bevuto e dunque di non essere incline all’adulterio, mentre il savium, il bacio passionale vero e proprio, era una prerogativa riservata agli amanti. La stessa differenza era riscontrabile nei rapporti sessuali: dagli scritti di Marziale veniamo a sapere che spesso marito e moglie facevano l’amore vestiti, al buio e in silenzio, nelle posizioni che più favorivano il concepimento, ma senza passione. Quando invece ad essere coinvolto nell’amplesso era un altro uomo la donna poteva tranquillamente trasformarsi in un’amante discinta, sensibile ai piaceri della carne e propensa a dominare l’uomo nella posizione della mulier equitans. Altrettanto diffuso era l’utilizzo di antesignani sex toys.
Tirando le fila del discorso dunque, i Romani amavano come noi o erano più inclini alla perversione? Si può parlare di modernità in riferimento ad un’epoca antica o piuttosto di un atteggiamento più “retrogrado” e maschilista? A conclusione del suo lungo discorso in compagnia degli abitanti della Roma del 115 a.C. e sottolineando le dovute differenze, Alberto Angela ha provato a dare una risposta.
A vegliare sul suo lavoro come sugli amanti, il bellissimo volto di Venere (incorniciato da lunghi capelli bruni e labbra carnose) che, invocato all’inizio dell’opera, ora, alla fine, sembra accennare velato un sorriso in segno di approvazione per averci svelato, insieme all’autore, i segreti dell’amore e guidato nel lungo viaggio nell’impero dei sensi.
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