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Il 28 marzo 1964, a soli trentadue anni, il pianista canadese Glenn Gould, fino ad allora brillante concertista, si ritira definitivamente dalle scene. Da allora in poi, fino al giorno della sua morte, avvenuta nel 1982, a cinquant’anni, Gould rifiuterà qualunque contatto con il pubblico, limitando la sua attività alle incisioni discografiche e a rare apparizioni radiofoniche o televisive. Questa assenza, resa tuttavia sempre presente dalla sua musica, diventa cosí come una figura che istituisce Gould come una vera e propria leggenda del pianismo contemporaneo. E Michel Schneider, in Glenn Gould. Piano solo , di questa assenza ripercorre la biografia, articolando i movimenti di una fuga strutturata piu in sintonia con precise consonanze musicali che in risposta a mere pulsioni esistenziali. Con la sua scrittura vibrante, Schneider reinterpreta la «fuga» di Gould – esempio estremo di sofferta corrispondenza fra arte e vita – sottolineandone variazioni sul tema, coloriture, dissonanze. Ne risulta, nello spazio intermedio fra indagine poliziesca e analisi freudiana, l’appassionato romanzo di un’anima.
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Se esiste da qualche parte un manuale di nosografia psichiatrica dedicato al rapporto fra genio e follia sono sicuro che ha un capitolo tutto per Glenn Gould. Per essere cultori del sospetto, gli psicanalisti finiscono per sospettare che la follia non esista; e che la banale infelicità sia un’auspicabile condizione della genialità. Il sospetto si trasforma in negazione o in revisionismo della patologia nevrotica. Ma non tutti i geni sono folli, e per converso ben pochi folli sono dei geni. Fra le due categorie non esiste una significativa relazione statistica, bensì una romantica propensione a considerare la genialità e la follia come modi apparentati del titanismo dell’anima. Piuttosto che spiegarci la contraddizione fra la miseria di un uomo infelice e la sua grandezza di artista, Schneider ignora la prima e ne fa un orpello della seconda. Se un giorno Glenn Gould avesse bussato alla porta di Schneideri chiedendogli di comprendere il perché della sua nevrosi, l’autore forse avrebbe scritto un altro libro. (07/2002)
Recensioni
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scheda di Cirignano, A., L'Indice 1991, n. 5
A quasi un decennio dalla scomparsa di Glenn Gould, il leggendario pianista canadese fuggito dalle scene a trentadue anni nel 1964 per dedicarsi esclusivamente alla sala di incisione, quello dei suoi critici, biografi, paladini, esegeti e testimoni è ormai un catalogo così vasto e ridondante che per tornare ancora sull'argomento occorreva in un certo senso accettare in partenza l'idea-sfida della "variazione sul tema". Michel Schneider, psicoanalista e musicologo, decide di stare al gioco fino in fondo: e allora immagina e sceglie nella sconcertata mitologia gouldiana l'attimo sofferto ma non più differibile dell'addio, quello in cui per Gould "tutto si è spezzato, o forse - chi può dirlo - tutto è invece divenuto più chiaro", e ne fa un'"Aria" su cui intreccerà le trenta magistrali "Variazioni" del suo viaggio segretamente impossibile fra realtà e desiderio. E come l'"Aria" che apre e chiude le bachiane "Variazioni Goldberg", come addirittura quelle "Variazioni" stesse aprono e chiudono la carriera discografica di Gould in un geometrico enigma del destino, così nel ragionare pacato e incantevole di Schneider i colori freddi della solitudine e del silenzio venano di sé dall'inizio alla fine, ogni istante di una vita "che può essere ricordata solo come un filo teso tra la distruzione e la bellezza".
Il 28 marzo 1964, a soli trentadue anni, il pianista canadese Glenn Gould, fino ad allora brillante concertista, si ritira definitivamente dalle scene. Da allora in poi, fino al giorno della sua morte, avvenuta nel 1982, a cinquant'anni, Gould rifiuterà qualunque contatto con il pubblico, limitando la sua attività alle incisioni discografiche e a rare apparizioni radiofoniche o televisive.Questa assenza, resa tuttavia sempre presente dalla sua musica, diventa cosí come una figura che istituisce Gould come una vera e propria leggenda del pianismo contemporaneo. E Michel Schneider, in Glenn Gould. Piano solo, di questa assenza ripercorre la biografia, articolando i movimenti di una fuga strutturata piu in sintonia con precise consonanze musicali che in risposta a mere pulsioni esistenziali. Con la sua scrittura vibrante, Schneider reinterpreta la «fuga» di Gould - esempio estremo di sofferta corrispondenza fra arte e vita - sottolineandone variazioni sul tema, coloriture, dissonanze. Ne risulta, nello spazio intermedio fra indagine poliziesca e analisi freudiana, l'appassionato romanzo di un'anima.
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