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Anno edizione: 2007
Anno edizione: 2011
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Un libro emozionante. L'autore riesce a trasmettere sensazioni piacevoli e aspre. Il suo modo di scrivere fa sicuramente parte di quella che viene definita letteratura. A volte sembra un poeta che scrive in prosa, altre volte il linguaggio è cameratesco e popolano. Ben descritti i personaggi, commoventi alcune scene. Da leggere per chi è ancora capace di ascoltarsi...
Ho conosciuto Marino e il libro è come lui, interessante. Ho preferito "Quattro giorni per non morire" ma anche questo merita la lettura. Un libro coraggioso senza esagerare, aspro, asciutto e un po' disordinato come l'entroterra ligure. Sursum corda.
È un romanzo straordinariamente complesso, fatto di rimandi e corrispondenze, che si muove intorno a tre momenti emblematici: il collegio, il servizio militare e, infine, il soggiorno in Olanda, dopo una serie di vagabondaggi alla ricerca di un altrove che non si può fare a meno di sognare ma che non si riuscirà mai a raggiungere, perché si allontana irrimediabilmente ogni qualvolta ci accostiamo ad esso. Gregorio, il protagonista, è originario dell’entroterra ligure, di una vallata che non aveva mai smesso di franare, dove “l’autostrada era poco più che uno sputo di modernità in una ruralità rantolante”. Da qui un desiderio di fuga che diventa un bisogno impellente, un’urgenza che lo porta in giro per il mondo e che accentua in lui una straziante nostalgia e la necessità, come suggerisce il titolo, di fermare, di recuperare e di collezionare il tempo. Ed è proprio alla luce di questa insopprimibile esigenza che si spiega la visita, all’indomani del suo congedo da militare, del vecchio compagno di collegio Leo Falconi, che ai suoi occhi di bambino rappresentava la forza, l’audacia, la trasgressione, un mito infantile duro a morire. Il romanzo ha una struttura complessa e un andamento circolare (la conclusione rimanda all’inizio) e non solo perché Magliani, utilizzando sapientemente ana¬lessi e prolessi, si muove tra passato e futuro ma anche perché inserisce nella narrazione, alla stregua di intarsi raffinati, brandelli della storia di Cobre, che alla fine verrà ricomposta in un racconto autonomo di grande impatto emotivo e narrativo. La scrittura è scarna, ruvida come un osso di seppia, sufficientemente porosa da assorbire la luce del paesaggio ligure e i suoi inconfondibili odori. “… ma il silenzio non durò che una mezz’ora, e quando il sole emerse dagli orli ulivati, come un naufrago, e la luce affondò gli artigli sul mare, per la strada cominciarono a passare macchine, camion pieni di sabbia e autobus.” “La luce sciabolava vetrate di serre, e c’erano palme fin lassù e gabbiani in cielo.”
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