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Anno edizione: 2012
Anno edizione: 2013
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Una storia che squarcia l'anima, spezza il pensiero e si insinua in maniera catastrofica nell'interiorità; i fatti narrati, purtroppo, accadono, anche se non vorremmo mai venirne a conoscenza e, tanto meno, leggerli; uno stile narrativo straziante che non fa sconti; una terminologia tagliente e invasiva...ma non è assolutamente il mio genere di lettura.
Scusatemi per la sincerità, ma credo che questa autrice sia semplicemente un "macellaio" con una penna in mano. Concordo pienamente con chi critica il suo stile di scrittura alternativo ma assolutamente mal gestito, e ci aggiungerei pure che lascia trapelare il gusto per il sadismo volgare della scrittrice (a me ha dato l'impressione che si divertisse ad essere cruenta e anche un po' patetica). Questo volerla premiare per forza, mi fa venire in mente quando in quinta superiore il consiglio dei professori decideva una o due persone per classe da far uscire con 100 e lode, anche nelle classi dove non c'era nessuno che lo meritava.
Di quest'autrice ho letto anche l'altro libro e continuo a non essere convinta neanche un pò. L'argomento è profondo ma lo stile di scrittura post moderno - che io amo solo in determinati autori grandissimi- non gli rende giustizia e non lascia emozioni profonde come dovrebbe, data la delicatezza dei temi trattati. La storia di uno dei due ragazzi protagonisti poi è completamente lasciata in sospeso e non ha un degno finale, mentre la storia dell'altro si interrompe bruscamente. Il libro da quindi un fastidioso senso di non concluso e inconcludente. Non consigliato.
Recensioni
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Finalista Premio Strega 2012. A sorpresa finalista dell'edizione 2012 del Premio Strega - ha battuto autori come Giorgio Manacorda o Giovanni Greco, già vincitore del Calvino 2011 - il romanzo di Lorenza Ghinelli racconta il disagio e il dolore tra infanzia e adolescenza, in un'età in cui la vita dovrebbe essere solo spensierata e felice, ricca di affetti e sostegni.
Non ambientato in ambiti sociali marginali e borderline, ma in famiglie "normali", borghesi, regolari (che nascondo tuttavia grandi problemi) il segreto de La colpa è nella forma della narrazione, diretta, spontanea, ma al tempo stesso estremamente costruita. Una narrazione del dolore, della perdita dell'ingenuità, della violazione dell'infanzia, dello smarrimento e della ricerca di un equilibrio nuovo, diverso, apparentemente impossibile da raggiungere. La narrazione di un senso di colpa ossessionante che nella mente dei protagonisti si trasforma in incubi e allucinazioni.
Estefan ha 19 anni, "qualcosa di parassita, da qualche parte, prolifica nel suo cervello".
Martino ha 18 anni, "asciutti e nevrili".
Greta ha 9 anni. "È nata presto. È nata male. È nata sola".
Qualcosa li accomuna: delle ferite profonde che forse non potranno mai rimarginarsi. Ma hanno anche una realtà positiva che li unisce: si sono incontrati.
Martino "ha occhi da bestia braccata e ferita", e non potrebbe essere diversamente. In un attimo, molti anni fa, una persona di cui si fidava, che pensava fosse come un Dio, "senza un amen ha sfregiato per lui tutti i domani del mondo".
Estefan ha visto qualcosa che "basterebbe alla rovina totale, al crollo, allo sperdimento della ragione. Ma un orrore si scaccia solo con un orrore più grande" che la sua memoria però non riesce a mettere a fuoco.
Greta vive in campagna, è "una bambina selvatica. Orfana. Con nonni contadini. Greta è bella come le cose non addomesticate" ma anche nel suo cervello ricorre un pensiero di colpevolezza.
"Nei miei libri non parlo solo di dolore - ha dichiarato Lorenza Ghinelli in un'intervista - perché questo per me non è interessante. Il dolore è qualcosa che tutti possiamo sperimentare, ma non è quello a rendere preziose le nostre vite. Quello che mi interessa è esplorare delle strade che ci permettano di dare un senso a quel dolore."
Si fatica a ritrovarlo in queste dolenti pagine, nell'angoscia della scrittura, tra le parole di dialoghi concitati. Ma un senso c'è, e forse anche una speranza.
A cura di Wuz.it
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