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Premetto che il sottoscritto non è particolarmente un'amante delle opere di registi orientali (fatta eccezione per rare pellicole fantastiche sotto ogni aspetto) ma Coming Soon è davvero bello. La riflessione "metacinematografica" di Sophon Sakdaphisit sulla pirateria e il furto delle immagini, oltre che sulla crudeltà del mondo del cinema, spesso inarrestabile e senza scrupoli (tema non nuovo nel cinema tailandese, che si suppone particolarmente incline al dispotismo del regista e/o del produttore) tocca temi già ampiamente trattati, ma la sincerità e la dedizione alla causa che qui vi vengono profuse non sono da sottovalutare. Forte di un montaggio serrato e di una cura notevole per il packaging il film funziona perfettamente: indubbiamente nel suo sporco ruolo di oggetto di intrattenimento terrificante, purché si sia disposti a sorvolare sulla sostanziale inespressività dei protagonisti (due cantanti pressoché al debutto) e su ingenuità assortite, tipiche del film buff alle prime armi. Spiccano tra queste ultime l'incipit con occhio che si apre, la sequenza in loop di cui è prigioniero il protagonista; il film la cui visione uccide. Il film maledetto in cui la morte è al lavoro. Sorprendentemente efficace invece, pur nella sua indubbia naïveté, la scena in cui il cellulare del personaggio scomparso risponde da dentro lo schermo anziché dalla sala. Da vedere rigorosamente in una sala cinematografica (possibilmente semivuota: ma va benissimo anche davanti ad un bel "bestione" da 55') la sera tardi: una volta messo il naso fuori dalla stanza, l'effetto Coming Soon è garantito. Da brividi.
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