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scheda di Vindrola, A., L'Indice 1998, n. 1
Da tempo l'Einaudi pubblica il teatro di Fo: in questo undicesimo volume sono raccolte tre commedie, "La storia vera di Piero d'Angera, che alla crociata non c'era";" L'opera dello sghignazzo";" Quasi per caso una donna: Elisabetta. "Il primo dei testi presentati, "La storia di Pietro d'Angera", scritta nel 1960, è una riprova che anche in Italia esiste il Fo "solo autore": infatti il commediografo non lo ha mai messo in scena a causa della complessità delle situazioni sceniche, del numero di attori richiesto, dell'impianto complesso; ma nel 1985 vi fu un allestimento prodotto dal Teatro della Tosse con la regia di Tonino Conte e le scene di Luzzati, che tuttavia per esigenze organizzative ed economiche aveva operato tagli sostanziali sulle scene più articolate, anche se, per ammissione dello stesso Fo, "funzionava molto bene", e infatti fu premiato dal successo di pubblico e replicò per due stagioni. Resta tuttavia da allestire la versione integrale, impresa non da poco se ancora Fo, nell'introduzione, lo immagina più facilmente come film o, addirittura, cartone animato. "L'opera dello sghignazzo" è invece andata in scena nel 1981 al Fabbricone di Prato, prodotta dallo Stabile di Torino. Fo interpreta la lezione brechtiana a modo suo - il che equivale a dire: con grande irriverenza - e cala "L'opera dei mendicanti" di John Gay (a cui si rifà anche "L'opera da tre soldi)" nella contemporaneità, trasformando i personaggi in maschere, ambientandola fra palestre, fabbriche e "sexy house" e utilizzando per la colonna sonora Patty Smith, Zappa e Hendrix. Se nell'"Opera dello sghignazzo" risulta evidente il processo di trasformazione e attualizzazione dei materiali cui l'autore si ispira, di segno diverso ma non meno emblematico è "Quasi per caso una donna: Elisabetta". Andata in scena a Riccione nel 1984, questa commedia non è accompagnata da nessuna indicazione sulle scelte operate nell'allestimento: solo nella quarta di copertina si legge una spiegazione di Fo alla scelta del titolo: "E se per caso Elisabetta d'Inghilterra fosse stata in verità un uomo, travestito da donna? Come ipotizza più di uno storico?". Di fatto gli elementi chiave su cui gioca la commedia sono quelli rintracciabili in molti altri lavori di Fo: la trasmutazione di una situazione storica, anche del tutto immaginifica, come chiave di lettura della corruzione del potere e denuncia del gioco politico, la volgarizzazione (intesa anche come abbassamento e brutalizzazione di ciò che si ritiene comunemente "alto"), cui contribuisce l'uso del dialetto padano, la satira feroce sui costumi che lascia al grottesco il compito di aprire spiragli di "pietas" nei confronti dell'essere umano. Si tratta di commedie molto diverse fra loro, per genesi e struttura, non fra le più famose, ma sufficienti per testimoniare che il teatro di Dario Fo è in grado di sostenere la lettura sulla pagina, e regge bene anche senza lo straordinario apporto del Fo attore.
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