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L'espressione "rivoluzione industriale", usata già negli anni venti dell'Ottocento in analogia con il termine "Rivoluzione francese", è stata citata nel 1837 da Adolphe Blanqui, fratello del rivoluzionario Auguste. Solo nel 1884, grazie ad Arnold Toynbee, zio paterno deceduto a soli trentuno anni del filosofo della storia Arnold Joseph Toynbee (vissuto molto a lungo, 1889-1975), fu però storiograficamente consacrata con la pubblicazione postuma delle Lectures on the Industrial Revolution of the Eighteenth Century in England, testo ristrutturato dagli allievi Ashley e Bolton King e scaturito da un corso. Nel quale non è compreso solo il Settecento, ma l'intero cambiamento avvenuto nell'economia inglese dal 1760 al 1840, vale a dire dal periodo che precede la messa a punto e il brevetto del telaio meccanico (1786) agli anni successivi alla realizzazione, come mezzo ferroviario, della locomotiva (1825). È molto probabile, come suggerisce Tagliaferri, che il termine "rivoluzione industriale" sia stato fatto proprio da Toynbee sr. più grazie alla lettura di John Stuart Mill (che lo usò nel 1848) che di La situazione della classe operaia in Inghilterra di Engels (1845) o del Capitale di Marx (1867), scritti e autori che Toynbee sr. verosimilmente conosceva. La "rivoluzione" diventa così un fenomeno di media-lunga durata e non solo, come negli sconvolgimenti politici, di breve durata (1688-1789-1848). In Toynbee sr., comunque, il fenomeno è emancipato dall'individualismo così come dal collettivismo. Ha a che fare con il liberalismo liberal, con il cristianesimo anglicano e con processi che sembrano anticipare il Welfare. Nasce un progresso solidaristico che si pone in alternativa al capitalismo predatorio.
Bruno Bongiovanni
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