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Avrebbe dovuto trattarsi di un'allegra rimpatriata di vecchi amici, invece la serata trasgressiva trascorsa in un locale malfamato rischia di costare molto cara allo stimato notaio Roberto Ranò. Coinvolto suo malgrado in un perverso fatto di sangue, viene arrestato e portato in carcere, rischiando così di veder naufragare nello scandalo una vita che dal punto di vista professionale e sentimentale si era ormai ben assestata su un sereno benessere. Ma la stravagante linea di difesa adottata di fronte alla pm gli dà l'occasione di ripercorrere in un gustosissimo flashback gli anni dell'infanzia e dell'adolescenza, del liceo e dell'università, dei primi amori e delle amicizie, prima fra tutti quella con l'ormai famoso regista Marco Bonetti, compagno di tante bravate e di interminabili discussioni sul senso della vita e sul posto che loro, giovani leve di una società superficiale e confusa, avrebbero dovuto prendere nel mondo. Giovanni Floris si affaccia nel panorama della narrativa con passo lieve e scanzonato, accompagnando il lettore attraverso gli anni '80 e '90 assieme ad una folla di personaggi che non mancano di divertire, commuovere, affascinare. Romanzo piacevole e brillante, ricco di trovate e di ritmo, ma anche di profondi spunti di riflessione, Il confine di Bonetti segnala all'attenzione di critica e pubblico un autore che dimostra di avere talento e freschezza a sufficienza per coinvolgere anche il lettore più smaliziato.
Un bello spaccato degli anni 80/90 questo esordio nella letteratura per il noto conduttore di Ballarò, un'analisi di quel periodo sicuramente soggettiva, ma molto gradevole a mio avviso. Il tutto è ambientato a Roma, dove due ormai quasi cinquantenni(un regista ed un notaio) si ritrovano per una rimpatriata , ma la festa degenera e vengono addirittura arrestati, ed è questo l'avvenimento che scatena un mare di ricordi nel protagonista del romanzo, un facoltoso notaio romano(Ranò), che non solo si apre in una confessione fiume sui fatti che l'hanno portato alle reclusione, ma soprattutto narra del suo passato e del suo gruppo di amici che l'hanno seguito dai tempi delle scuole medie fino all'Università. In questo romanzo, per chi ha vissuto gli anni 80/90, ci sono segmenti e ricordi indelebili sotto ogni punto di vista: musica, cinema, televisione, sport, politica, costume, vacanze etc; quello che colpisce di più, a mio avviso, è la disamina dei comportamenti dei sogni e delle speranze dei giovani di quella generazione, esaminati con l'occhio di chi li ha vissuti ed apparentemente "cavalcati" con successo(il notaio famoso), ingabbiato però per sciocchezze non consone al suo rango... e forse per il suo livello di maturità(un cinquantenne troppo ragazzino). Estrapolo qualche passaggio che mi ha colpito: ...Tangentopoli mischiava le carte, cancellava il quadro politico, i volti dei potenti, i volti dei vincenti e dei perdenti. Scomparivano i partiti chiesa, comparivano i partiti azienda, comunità di migliaia di persone mascheravano i propri simboli e venivano travolte dalla durezza della realtà.I comunisti avevano sbagliato? Scomparivano. I socialisti avevano rubato? Scomparivano. I democristiani non avevano compreso la modernità? Scomparivano pure loro che sembravano indelebili...
Luci ed ombre questo primo romanzo di Floris. Scritto discretamente, ho avvertito la mancanza di un ordine nel racconto che procede più ad episodi e un po' " a scatti" (con qualche passaggio assolutamente degno di nota). E' un po' l'apoteosi della nostalgia, della riflessione di mezza età, dell'avrei voluto, ma non ho potuto.. Un insieme di situazioni piuttosto frequenti nei giovani di varie generazioni: amicizie e dubbi, successi e scelte sbagliate, sofferenza e follia. Il tutto all'insegna di un'autoironia che sottende l'autocompiacimento (soprattutto nel finale). Tutto sommato leggibile, nonostante si riveli molto deludente la modalità con cui l'autore va a chiudere "l'incident" (la notte in prigione) da cui origina il racconto dell'io narrante.
Recensioni
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