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Quando Grigori Perelman rifiutò il milione di dollari che il Clay Institute gli aveva assegnato per la dimostrazione della Congettura di Poincaré, la notizia raggiunse le prime pagine di tutti i giornali. Non che la gente sapesse che diavolo fosse questa congettura, a dire il vero; ma l'idea di tutti quei soldi li stuzzicava. Fortunatamente ci sono stati alcuni matematici che hanno pensato non tanto di raccontare la dimostrazione quanto di riuscire a dare uno sguardo generale sui temi trattati, per dare almeno un'idea di quello di cui si stava parlando. Donal O'Shea ci è riuscito benissimo con questo suo libro: dopo l'incipit molto americano ero un po' prevenuto, ma lo stile del resto dell'opera è molto chiaro, e conduce man mano il lettore a capire il contesto in cui il problema nacque e fiorì, comprese le implicazioni con la relatività generale; il tutto con un ampio apparato di note utili per chi volesse saperne di più. In fin dei conti la congettura di Poincaré parla anche del nostro universo: afferma infatti che se il nostro universo non è infinito e si comporta come pensiamo faccia allora è in un certo senso l'equivalente quadridimensionale di una sfera. Servirà a qualcosa? Probabilmente no, ma la matematica non si preoccupa certo della cosa. La traduzione è scorrevole, ma in qualche punto (non matematico, a dire il vero) mi ha dato l'idea di essere stata tirata un po' via, come nelle "poesie in cinque versi" che probabilmente sono limerick. Troppa semplicità fa male...
L’opera di O’Shea si apre con l’osservazione del matematico pitagorico Archita, il quale sostiene che l’universo debba necessariamente estendersi all’infinito: “Se io mi trovassi all’estremità dello spazio, ad esempio nel cielo delle stelle fisse, potrei tendere la mano o un bastoncino fuori di quella? Dire che non si può è assurdo. Si procederà dunque allo stesso modo da estremità raggiunta ad altra estremità raggiunta, sempre ripetendo la domanda. E così, trovandosi che c’è sempre qualcosa ove può giungere il bastoncino, è evidente che questo qualche cosa è infinito.” Per comprendere perché questa argomentazione è sbagliata bisogna tener presente che potremmo ripeterla per la superficie della terra. Quest’ultima è una superficie finita ma nessuna barriera ci impedisce di tendere in fuori orizzontalmente una mano o un bastoncino. Dire che un oggetto non ha bordo, indipendentemente dal fatto che sia o no una 2-varietà come la superficie terrestre, non implica in generale che si estenda all’infinito, ne è un esempio la 3-sfera di cui parla la congettura di Poincarè, una possibile forma del nostro universo. Concordo pienamente con Martin Gardner: “Un libro meraviglioso. Non solo ci spiega il mistero della congettura di Poincaré e come il matematico russo Grigori Perelman l’ha finalmente risolto, ma ci trascina in un viaggio affascinante nelle infinite profondità e ricchezze del regno della matematica.”. Per concludere suggerisco un altro libro di carattere ‘topologico-divulgativo’: “Buchi e altre superficialità” di Achille Varzi e Roberto Casati.
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